Gli Oceani

1. INTRODUZIONE

Gli oceani sono vaste distese d'acqua salata, che complessivamente ricoprono circa tre quarti della superficie terrestre; l'oceanografia è lo studio scientifico delle loro caratteristiche, delle interazioni con l'atmosfera e, in generale, dei processi fisici, chimici e biologici che si sviluppano in essi e ne mantengono la struttura e i movimenti.

2. I BACINI OCEANICI

I maggiori oceani della Terra, il Pacifico, di forma vagamente triangolare, l'Atlantico, a forma di S, e il meno esteso oceano Indiano si raccordano attorno al continente antartico. Diversi mari semichiusi, come il mar Glaciale Artico, il mar Baltico e il mar Mediterraneo, sono in comunicazione con gli oceani e ne modificano le proprietà generali.

La profondità media dell'oceano è di poco inferiore ai 4000 m, tuttavia in prossimità dei continenti il fondo marino si trova a meno di 200 m di profondità e presenta una leggera pendenza. Questa zona poco profonda si estende normalmente fino a 100-200 km di distanza dalle coste continentali, e costituisce la cosiddetta piattaforma continentale. Essa ha grande importanza dal punto di vista economico, soprattutto per le attività di pesca e di estrazione di idrocarburi. Al margine della piattaforma continentale vi è una brusca rottura di pendenza: inizia la scarpata continentale che, con un'inclinazione media compresa fra 2° e 5°, raggiunge le pianure abissali, dalla profondità media di circa 3600 m.

Gli assi centrali dei principali bacini oceanici si connettono attraverso il sistema delle dorsali medio-oceaniche, estese catene montuose intersecate da zone di frattura, fondamentali per comprendere l'evoluzione dei bacini oceanici e spiegate dalla teoria della tettonica a zolle. In corrispondenza delle dorsali si riscontrano un'intensa attività sismica, vulcanismo ed emissione di fluidi idrotermali molto caldi, ricchi di sostanze chimiche in soluzione. In corrispondenza degli sbocchi idrotermali vivono bizzarre comunità biologiche, il cui metabolismo dipende dai solfuri. Dalle dorsali oceaniche viene eruttata in continuazione roccia fusa che, aggiungendo nuova crosta oceanica alle rigide zolle crostali, provoca l'espansione degli oceani. Le zolle si spostano alla velocità di alcuni centimetri all'anno e, quando due di esse vanno in collisione, una si accavalla al di sopra dell'altra, mentre quest'ultima viene forzata a inabissarsi fino a raggiungere il mantello, dando luogo a un processo di subduzione. In questi casi, come avviene in prossimità della costa occidentale sudamericana, si formano fosse oceaniche che possono raggiungere profondità superiori a 7000 m. La massima profondità oceanica conosciuta, la fossa delle Marianne, a est delle Filippine, è di circa 11.000 m.

3. L'ACQUA DELL'OCEANO

Gli oceani contengono circa il 97% di tutta l'acqua presente sulla Terra (l'atmosfera lo 0,001%) e hanno pertanto un ruolo molto importante: i processi di scambio e di transizione dell'acqua in stato gassoso, liquido e solido sono infatti fondamentali per i fenomeni atmosferici e climatici, e in generale per il mantenimento della vita sulla Terra.

Pur essendo una delle sostanze più comuni, l'acqua è caratterizzata da proprietà fisiche e chimiche alquanto particolari, scarsamente condizionate dalla presenza dei sali disciolti che differenziano l'acqua di mare da quella dolce. È una delle pochissime sostanze che si trovano in natura sia allo stato liquido sia nelle altre due fasi. Ha calore specifico e calore latente elevati: ciò significa che occorrono notevoli quantità di energia per innalzarne la temperatura e per provocare il passaggio dalla fase solida a quella liquida e da questa a quella gassosa. Tali caratteristiche fisiche condizionano in grande misura la distribuzione delle temperature sulla Terra, dal momento che i climi oceanici sono più uniformi di quelli delle regioni continentali. Molte altre proprietà dell'acqua – ad esempio l'alto potere solvente, l'elevata costante dielettrica e la grande tensione superficiale – assicurano il rapido svolgimento delle reazioni essenziali per la vita.

L'acqua di mare è una soluzione complessa che probabilmente contiene quasi tutti gli elementi stabili; le attuali tecniche analitiche hanno permesso di ritrovarvi circa la metà degli elementi, ma di questi la maggior parte è presente in quantitativi estremamente esigui: meno di una parte per milione. I principali costituenti di un chilogrammo di acqua marina di composizione media sono: 960 g di acqua, 19,350 g di cloruri, 10,750 g di sodio, 2,700 g di solfati, 1,300 g di magnesio, oltre a quantità più piccole di calcio, potassio, bicarbonato, bromuro, stronzio, boro e fluoro. Campioni di acqua marina provenienti da quasi ogni punto del mare aperto hanno mostrato di contenere questi costituenti in proporzione quasi perfettamente costante; pertanto l'acqua marina può essere considerata come una miscela di sali di composizione uniforme, diluita con quantitativi variabili d'acqua. Data questa costanza di composizione, la salinità può essere valutata con buona precisione misurando semplicemente la conducibilità elettrica di un campione di acqua marina a temperatura nota.

Mentre le proprietà dell'acqua dolce dipendono dalla pressione e dalla temperatura, quelle dell'acqua di mare sono condizionate anche dalla salinità. La densità, ad esempio, dipende dalla temperatura, dalla pressione e dalla salinità in modo complesso: essa diminuisce all'aumentare della temperatura, ma aumenta all'aumentare della salinità e della pressione. Un'importante proprietà fisica dell'acqua di mare è l'elevata capacità di assorbimento della radiazione elettromagnetica, specialmente quella solare. Perfino nell'acqua più limpida, quasi tutta la luce solare incidente (il 99%) viene assorbita nei primi 100 m, dove può essere utilizzata, nel processo di fotosintesi, per trasformare carbonio inorganico ed elementi nutritivi in organismi biologici come quelli che costituiscono il fitoplancton (vedi Plancton). A profondità maggiori, invece, l'oceano è completamente buio e le sue proprietà dipendono solo dai processi di rimescolamento.

Le onde sonore vengono trasmesse dall'acqua dell'oceano senza attenuarsi in modo rilevante con la distanza: la detonazione in profondità di una carica esplosiva al largo di Perth, in Australia occidentale, può essere rilevata perfino al largo delle Bermude, nell'Atlantico settentrionale. Per questo motivo sia l'uomo sia gli animali marini usano comunemente il suono per comunicare in ambiente subacqueo, nonché per effettuare determinati tipi di misurazioni. La profondità dell'oceano, ad esempio, viene misurata impiegando un ecoscandaglio (o scandaglio acustico): la distanza del fondo viene calcolata in base al tempo impiegato da un impulso sonoro per raggiungere il fondo stesso e ritornare alla sorgente (vedi Batimetria). Il sonar funziona in base a un principio analogo, ma il fascio sonoro viene trasmesso con un certo angolo di incidenza, e non in verticale, al fine di individuare o di rilevare la forma di sottomarini o banchi di pesci, o la forma e le caratteristiche del fondo marino.

4. LA STRUTTURA DELL'OCEANO

L'aspetto dell'oceano in superficie è ora ben noto grazie alle osservazioni della Terra dallo spazio. Noi viviamo su quello che può essere definito il "pianeta azzurro", dal momento che il colore degli oceani predomina, rispetto al bianco delle nubi e a porzioni relativamente esigue di terre emerse. Per mezzo delle osservazioni condotte dalla costa è possibile distinguere le onde dell'oceano e, attraverso l'attento esame delle linee costiere, i movimenti a ciclo semidiurno delle maree. Per altre importanti proprietà dell'oceano è necessario eseguire osservazioni mediante mezzi di esplorazione superficiale e sottomarina opportunamente attrezzati con apparecchi di misura specifici, come batiscafi, navi oceanografiche, boe fisse, e ricorrere a laboratori sommersi.

La distribuzione della temperatura superficiale del mare può essere misurata dallo spazio e anche dalle comuni navi mercantili. Nell'oceano aperto le temperature diminuiscono da valori di 30 °C o più, in prossimità dell'equatore, a circa -2 °C, al contatto con i ghiacci delle alte latitudini. 

Meno semplice è la misurazione della salinità, e pertanto la sua distribuzione è conosciuta con maggiore incertezza; essa è comunque relativamente bassa alle alte latitudini e raggiunge il massimo nelle zone subtropicali a 25° di latitudine nord e sud, con un minimo intermedio all'equatore. La distribuzione di salinità è legata alla differenza tra l'entità dell'evaporazione e quella delle precipitazioni: in particolare, la bassa salinità all'equatore è dovuta alle intense precipitazioni tropicali (qui si trovano su terraferma le lussureggianti foreste pluviali), mentre la coppia di massimi è dovuta alle scarse precipitazioni in corrispondenza degli anticicloni subtropicali (su terraferma, a queste latitudini si trova il deserto).  

Sia la temperatura superficiale sia la salinità hanno una distribuzione approssimativamente zonale, con contorni che seguono la direzione est-ovest. Vi sono anomalie in prossimità della costa, associate a correnti oceaniche e a un fenomeno noto come upwelling (risalita). Le regioni di upwelling si trovano in prossimità del margine orientale dell'oceano, dove i venti che soffiano dalla costa producono una corrente superficiale che si dirige verso il mare aperto. Acque più profonde (provenienti da 500 m di profondità) risalgono a compensare queste correnti, provocando un abbassamento della temperatura. Le acque profonde sono spesso ricche di sostanze nutritive e di conseguenza le zone di upwelling sono altamente produttive dal punto di vista biologico: sono infatti popolate da numerose specie di pesci e da altre forme di vita marina.

Le osservazioni al di sotto della superficie sono molto più complesse; tuttavia gli scienziati hanno una buona conoscenza della distribuzione media della temperatura, della salinità e dell'ossigeno, oltre ad avere qualche cognizione sulla distribuzione di altri componenti. Anche in questo caso, l'aspetto di gran lunga meglio conosciuto è la distribuzione di temperatura. Il campo di variabilità è lo stesso che si riscontra alla superficie (da -2 °C a 30 °C, approssimativamente corrispondente all'intervallo di temperatura in cui l'uomo può vivere), ma la temperatura media è solo 3,5 °C. Tutta l'acqua più calda di 5 °C è limitata a uno strato relativamente sottile, compreso fra le latitudini di 50° N e 50° S.

A parte i cambiamenti diurni e stagionali, che interessano solo uno strato di acqua molto sottile in prossimità della superficie (che si può considerare tutto alla stessa temperatura), la struttura principale dell'oceano vede uno strato di rapida diminuzione della temperatura (il termoclino principale) e uno spesso strato freddo che si estende fino a raggiungere il fondo. A nord dei 50° N e a sud dei 50° S di latitudine, la temperatura varia poco con la profondità. Alle medie latitudini invece la temperatura superficiale aumenta e la profondità del termoclino principale è massima (circa 1 km). A basse latitudini la temperatura superficiale è alta, il termoclino poco profondo (circa 100 m) e si ha una rapida variazione di temperatura con la profondità. Questa struttura è entro certi limiti spiegabile in termini di proprietà fisiche dell'acqua di mare: in generale, essa è tanto più pesante quanto più è fredda e pertanto, come chiunque può intuire, l'acqua più fredda tende a scendere in profondità fino a raggiungere il fondo dei bacini oceanici. L'acqua più fredda si trova in superficie durante l'inverno, nelle regioni polari, dopo che il suo calore è stato reirraggiato nella lunga notte polare. Affondando, essa raffredda il fondo dell'oceano perfino ai tropici e all'equatore; si stanno ancora effettuando studi per scoprire dove e come, esattamente, quest'acqua inizi ad affondare. La salinità, al pari della temperatura, condiziona la densità, specialmente alle basse temperature polari. Le principali regioni di affondamento sembrano essere di estensione limitata, confinate al mare di Weddell (nel settore atlantico dell'oceano circumpolare antartico) e alla parte di oceano Atlantico che bagna Groenlandia, Islanda e Norvegia. La struttura della salinità dell'oceano è più complessa di quella della temperatura, ma in generale essa condiziona la densità in misura minore della temperatura, cosicché non vi è un diretto rapporto tra salinità e profondità. I processi che condizionano la salinità (le precipitazioni che diluiscono l'acqua di mare e l'evaporazione che la rende più concentrata) si svolgono in superficie e formano masse d'acqua con una particolare combinazione di salinità e temperatura. Una volta che una massa d'acqua ha lasciato la superficie, solo processi di rimescolamento possono modificarne salinità e temperatura. La maggior parte di questi processi altera l'una e l'altra proprietà nello stesso modo, cosicché una massa d'acqua tende a mantenere le proprie caratteristiche peculiari di temperatura in rapporto alla salinità. Un diagramma T/S , che mostra come la salinità vari con la temperatura in una particolare colonna d'acqua, costituisce una sorta di impronta digitale che permette di risalire alla regione di origine di una massa d'acqua anche a distanza di migliaia di chilometri. I dettagli del rimescolamento costituiscono un problema centrale nella moderna oceanografia fisica.

Esistono anche altri traccianti che, pur non così invariabili come il rapporto fra temperatura e salinità, sono utili perché possono fornire preziose indicazioni temporali. L'acqua alla superficie del mare è di solito satura (o soprasatura) di gas atmosferici, tra i quali l'ossigeno. Quando essa abbandona la superficie, il contenuto di ossigeno si riduce gradualmente, dato che questo gas viene assorbito dagli organismi marini e viene consumato nel processo di decomposizione della materia organica. Il contenuto di ossigeno può pertanto fornire un'indicazione del tempo trascorso da quando una data massa d'acqua ha abbandonato la superficie. In alcune regioni, dove l'acqua non subisce rimescolamento, tutto l'ossigeno viene consumato, e al suo posto rimane solfuro di idrogeno. Il Mar Nero è un classico esempio: il suo stesso nome si riferisce al fatto che i metalli in esso immersi vengono anneriti dalla presenza dello ione solfuro.

Altri traccianti, più transitori, hanno distribuzione variabile nel tempo, e spesso sono legati alle attività umane. Ad esempio, la concentrazione del trizio, l'isotopo più pesante dell'idrogeno, quasi interamente dovuta al fallout radioattivo degli esperimenti nucleari condotti nell'atmosfera dopo la seconda guerra mondiale, ha permesso di accertare la velocità della circolazione oceanica in alcune aree e anche l'entità del rimescolamento. Il trizio è radioattivo e decade con un tempo di dimezzamento di 1245 anni nell'isotopo stabile elio 3. Le misurazioni del rapporto fra trizio ed elio 3 in un dato campione d'acqua di mare permettono di ottenere una valutazione del tempo trascorso da quando quell'acqua ha abbandonato la superficie. Sia la misurazione, sia l'interpretazione non sono semplici, ma stanno comunque fornendo preziose nozioni sulla circolazione profonda dell'oceano. Anche altri traccianti artificiali, come il freon, stanno producendo risultati interessanti, e si sta studiando la possibilità di immettere deliberatamente in mare sostanze che si prestino in modo particolare a studiare i meccanismi di trasporto e rimescolamento.

5. CORRENTI OCEANICHE

Le correnti oceaniche superficiali condizionano sensibilmente la navigazione e la maggior parte delle informazioni su di esse è fornita proprio dai rapporti dei marinai sull'entità delle deviazioni dalle rotte prefissate. Nonostante la differenza di forma, gli oceani Atlantico, Pacifico e Indiano presentano uno schema di circolazione delle correnti molto simile, dominato principalmente da un andamento in senso orario nell'emisfero settentrionale e antiorario in quello meridionale. La corrente del Golfo dell'Atlantico settentrionale e il Kuroshio nel Pacifico sono le correnti oceaniche più note. La corrispondente corrente nordequatoriale dell'oceano Indiano è complicata dalle variazioni stagionali causate dal monsone. Presso l'equatore, in tutti gli oceani, sono presenti due correnti equatoriali che scorrono verso ovest; nell'oceano Pacifico e in quello Indiano (ma parzialmente anche nell'Atlantico) esse sono separate da una controcorrente equatoriale diretta in senso opposto. Nell'oceano che circonda il continente antartico non vi sono barriere continentali continue che possano ostacolare il flusso delle correnti, cosicché la corrente circumpolare antartica, diretta verso est, può chiudere quasi indisturbata il proprio circuito. Le carte forniscono indicazioni medie ma, in condizioni particolari, le correnti oceaniche superficiali possono assumere andamenti del tutto insoliti, come la corrente del Golfo che occasionalmente compie tragitti tortuosi e complessi. Le maggiori correnti di superficie sono condizionate dal vento e dal tempo atmosferico in generale, ma globalmente possono essere considerate semipermanenti.

Viceversa, vi sono poche correnti subsuperficiali di tipo semipermanente. Forse le più interessanti sono quelle equatoriali, che si riscontrano negli oceani Atlantico e Pacifico e sporadicamente in quello Indiano: esse sono dirette verso est, hanno velocità di oltre 1 metro al secondo e scorrono alla profondità di circa 100 m. Altre correnti semipermanenti subsuperficiali si instaurano quando si forma acqua densa in un bacino che comunica con l'oceano aperto tramite una soglia poco profonda: l'acqua densa scavalca la soglia e si immette nell'oceano. Tipici esempi di questo fenomeno si hanno a Gibilterra, dove l'acqua del Mediterraneo si immette nell'Atlantico, e nello stretto di Bab al-Mandab, che mette in comunicazione il Mar Rosso con l'oceano Indiano.

È comunque difficile ricapitolare una conoscenza delle correnti subsuperficiali, in quanto esse sono assai variabili. L'acqua fredda, che si origina nell'Atlantico settentrionale o nel mare di Weddell, raggiunge le profondità di tutti i bacini oceanici, e si deve pertanto presupporre l'esistenza di correnti profonde in direzione dell'equatore, con percorsi non ancora individuati.

6. INTERAZIONE ATMOSFERA-OCEANO

A eccezione delle maree, tutti i movimenti oceanici e atmosferici hanno la loro fonte di energia nel Sole. Gran parte dell'energia solare cade sui Tropici, e l'eccesso di calore ricevuto alle basse latitudini viene trasferito verso i poli attraverso i movimenti dell'atmosfera e dell'oceano. In altre parole l'atmosfera può essere vista come una gigantesca macchina termica, a basso rendimento, che assorbe calore nella calda fascia equatoriale e lo cede in zone più vicine ai poli. Alle latitudini inferiori l'aria sale, dando luogo a intense precipitazioni nella fascia equatoriale, per poi dirigersi verso i poli e riaffondare negli anticicloni subtropicali, dopodiché ritorna verso l'equatore con gli alisei. A nord dei 30° N e a sud dei 30° S di latitudine, i venti sono prevalentemente occidentali, ma le perturbazioni e gli anticicloni rendono la circolazione atmosferica continuamente variabile.

Sono questi schemi di circolazione atmosferica a condizionare principalmente l'andamento delle correnti oceaniche (anche se le correnti più profonde sono messe in movimento perlopiù da differenze di densità). Per studiare la dinamica dell'oceano e dell'accoppiamento tra oceano e atmosfera vengono sempre più diffusamente utilizzati modelli al calcolatore che consentono di acquisire una maggiore comprensione del clima attuale, così da poter valutare correttamente la scala e l'intensità di qualunque cambiamento climatico, e soprattutto del temuto riscaldamento globale per effetto serra.

7. USI DELL'OCEANO

Gli usi economici dell'oceano dipendono innanzitutto dalle notevoli dimensioni dell'area e del volume che esso occupa e dalle caratteristiche chimiche e fisiche dell'acqua che lo costituisce. La combinazione di alta densità e bassa viscosità rende l'acqua di mare un mezzo molto adatto per la propulsione di navi. La particolare composizione chimica sostiene una complessa catena alimentare che inizia con il processo di fotosintesi e termina con i pesci, i quali sono parte dell'alimentazione umana per il loro alto contenuto di proteine e per il pregio delle loro carni. Purtroppo il mare serve anche, in un certo senso, a nascondere: in esso vengono scaricate grandi quantità di rifiuti, spesso abusivamente, e in profondità si rendono invisibili i sottomarini nucleari. Inoltre, per l'elevato valore sia del calore specifico, sia di quello latente, l'oceano è il principale elemento di regolazione del clima terrestre.

È da sottolineare anche il fatto che dall'acqua del mare possono essere estratte preziose sostanze chimiche, mentre dai fondali possono essere recuperati minerali e idrocarburi. L'industria estrattiva si sposta verso acque sempre più profonde. L'attività militare di sottomarini e sommergibili, dal termine della Guerra Fredda, tende a ridursi sempre più. Le navi che solcano la superficie del mare, a differenza di quanto accadeva in passato, possono contare su previsioni del moto ondoso elaborate al computer, che si rivelano particolarmente utili soprattutto per i pescherecci, navi che possono avvalersi anche di sistemi sonar per l'individuazione di banchi di pesce.

Per quanto riguarda lo sfruttamento delle risorse ittiche, molti sono i problemi che vanno considerati: attualmente vi è il pericolo che un'attività di pesca troppo intensa metta in crisi le popolazioni di pesci; a livello internazionale si stanno elaborando trattati per garantire che lo sfruttamento del mare sia mantenuto a livelli sostenibili.

Come si è accennato, le dimensioni delle distese d'acqua oceaniche sono tali da rendere attraente per le industrie e le città la possibilità di smaltirvi i rifiuti, evadendo i costi dello smaltimento su terra o di riciclaggio. Molta gente ha sperimentato personalmente quali livelli abbia ormai raggiunto l'inquinamento marino, ma pochi hanno un'idea precisa della vasta gamma di sostanze che vi vengono scaricate. Gran parte dell'inquinamento ha comunque origine nella terraferma: solo il 12% circa è dovuto a navi e imbarcazioni.

Il valore della produzione di petrolio e gas naturale dall'oceano supera quello del pescato. Si continuano a identificare giacimenti di idrocarburi altamente produttivi sotto il fondo del mare, anche se le profondità si fanno via via maggiori, ed è sempre più difficile e costoso rendere operativi i mezzi di estrazione. Lo sfruttamento di materiale del fondo del mare si limita al prelievo di sabbia e ghiaia, che è economicamente conveniente solo a piccole profondità. Sono stati compiuti pochi progressi nell'estrazione di metalli (inizialmente considerata molto promettente) dai noduli di manganese, che si trovano in grande quantità nelle zone profonde dell'oceano. Alcuni elementi chimici, come il bromo, continuano a essere estratti dall'acqua del mare, e sta riscuotendo un interesse sempre maggiore la possibilità di estrarre sostanze di interesse farmaceutico da organismi marini. La stessa acqua rappresenta una risorsa preziosa per ottenere acqua dolce in molte parti del mondo dove risulta economico il processo di osmosi inversa; di solito però la dissalazione dell'acqua di mare impone un grande dispendio di energia e non viene presa in considerazione per motivi economici.

Che l'oceano agisca da regolatore del clima è un fatto sempre più risaputo; tuttavia, a dispetto dei grandi progressi realizzati dalle scienze marine in questo secolo, gli scienziati hanno ancora grandi lacune di comprensione per quanto riguarda le proprietà dell'oceano, i processi che vi si svolgono e le popolazioni che lo occupano. Si stanno sviluppando avanzati modelli al calcolatore dell'accoppiamento tra atmosfera e oceano, ma perché essi forniscano risposte attendibili occorrono dati in maggiore quantità e di migliore qualità. Fino a quando non si realizzeranno questi progressi, non sarà possibile prevedere in modo abbastanza affidabile quali cambiamenti climatici potrebbero essere provocati dagli incrementi atmosferici di anidride carbonica, metano e altri gas in grado di favorire l'effetto serra.

L'oceano e l'atmosfera dovrebbero mantenersi più o meno nelle loro condizioni attuali ancora per centinaia di milioni di anni. Entro pochissime generazioni, la popolazione del nostro pianeta supererà i dieci miliardi di abitanti, gran parte dei quali si troverà nei paesi in via di sviluppo; la nostra sopravvivenza dipende in misura notevole da una migliore comprensione delle interazioni fra l'umanità e le limitate risorse biologiche e fisiche di cui essa potrà disporre.



Questa pagina è stata realizzata da Vittorio Villasmunta

Ultimo aggiornamento: 27/02/16