Elettrochimica

L'elettrochimica è lo studio delle soluzioni di elettroliti e dei cambiamenti chimici associati con il trasporto di cariche elettriche agli elettrodi immersi in queste soluzioni.

Tutte le interazioni chimiche sono di natura elettrica a livello atomico, cosicché, in un certo senso, tutta la chimica è elettrochimica; tuttavia l'elettrochimica delle soluzioni merita un posto particolare in quanto proprio in questa area la chimica fisica si è per la prima volta presentata come una branca a sé stante.

Un medico, Luigi Galvani, scoprì nel 1791 la "elettricità animale" esponendo i nervi di una zampa di rana sezionata. Egli riteneva che tale elettricità intrinseca si potesse trovare solo nel tessuto vivente. Tuttavia, Alessandro Volta scoprì ben presto, nel 1800, che l'elettricità poteva avere origini più semplici. Formando una pila di metalli differenti posti a contatto elettrico mediante della stoffa umida, Volta costruì la prima batteria, che, in particolare, consisteva in una serie di dischi alternati di argento, zinco e stoffa impregnata di una soluzione salina. In quello stesso anno usò una batteria simile per decomporre l'acqua in idrogeno e ossigeno per mezzo della corrente elettrica. L'ossigeno si sviluppò ad un polo della pila e l'idrogeno all'altro.
Nel 1807 Humphry Davy usò un apparecchio simile per separare il sodio e il potassio dai loro idrossidi. Insieme ad analoghe separazioni di vari sali fatte in precedenza, questo stimolò l'elaborazione di una teoria che rimane tutt'oggi basilare per la chimica: in un composto gli atomi sono tenuti insieme dall'attrazione di cariche di segno opposto.

LEGGI DELL'ELETTROLISI

Michael Faraday, lavorando nel laboratorio di Davy, compì una serie di esperimenti che permisero di formulare le leggi fondamentali dell'elettrolisi, cioè l'uso della corrente elettrica per far avvenire reazioni chimiche. Le leggi di Faraday dell'elettrolisi (v. Faraday, leggi di) possono essere riassunte come segue: una quantità unitaria di reagente chimico, detta peso equivalente elettrochimico, è sempre associata ad una quantità costante di elettricità, chiamata faraday (pari a 96.486,7 coulomb). Il peso equivalente elettrochimico è definito come il rapporto tra il peso atomico e il numero di cariche portate dallo ione (atomo carico) in soluzione (v. carica elettrica). La scoperta che gli ioni in soluzione possiedono una ben precisa carica elettrica, o un multiplo intero piccolo di essa, portò al concetto che l'elettricità stessa è per sua natura quantizzata e che ciascun atomo contiene questa unità naturale di elettricità. Nel 1891 George Stoney (1826-1911) propose di assegnare un nome particolare a questa unità e di chiamarla elettrone.

ELETTROCHIMICA MODERNA

Nel 1875 Josiah Gibbs dimostrò che le forze chimiche sono in relazione quantitativa con i voltaggi delle celle elettrolitiche. Successivamente, nel 1889, Walther Nernst studiò gli equilibri in soluzione e mise in relazione il potenziale di cella con la concentrazione delle sostanze chimiche che la costituiscono. Svante Arrhenius portò avanti le idee di Faraday spiegando, nel 1887, la conducibilità elettrica delle soluzioni in termini di migrazione degli ioni e di equilibri tra gli ioni e le molecole. Nel 1923 Peter Debye ed Erich Hückel dettero una spiegazione teorica della conducibilità, del potenziale elettrochimico e di altre proprietà delle soluzioni ioniche. A partire dal 1950 è stato fatto un notevole sforzo per comprendere la natura del doppio strato elettrico che è sempre presente all'interfase, cioè la zona dove materiali differenti vengono a contatto. Il doppio strato consiste in due distribuzioni piane di cariche elettriche di segno opposto affacciate una di fronte all'altra. Si ritiene che la comprensione di questa struttura sia la chiave per la spiegazione di tutti i fenomeni elettrochimici.

IL PROCESSO ELETTROCHIMICO

Quando un elettrolita viene sciolto nell'acqua si ottiene una soluzione che conduce l'elettricità. La conducibilità della soluzione è spiegabile in funzione di tre processi: anzitutto si ha un trasporto di cariche attraverso la soluzione dovuto alla migrazione degli ioni positivi e negativi verso gli elettrodi di segno opposto; secondariamente si ha una reazione all'elettrodo negativo, per effetto della quale degli elettroni fluiscono da una sorgente esterna all'elettrodo, dove vengono neutralizzati; infine all'elettrodo positivo ha luogo una reazione che ha per effetto la produzione di elettroni che possono fluire nel circuito esterno. In un senso più ampio l'elettrochimica non è limitata ai sistemi acquosi. Un sale fuso, come il cloruro di sodio, può servire come mezzo elettrolitico tra gli elettrodi.
In ogni processo elettrochimico, sia che la corrente nel circuito esterno fluisca per effetto di un processo spontaneo (cella voltaica o galvanica), sia che ciò avvenga per effetto di un processo non spontaneo che è pilotato da una sorgente esterna di energia (cella elettrolitica), il bilancio complessivo della reazione chimica è la somma delle due reazioni di semicella che si verificano agli elettrodi. Una di queste è sempre una reazione di ossidazione nella quale la specie chimica cede elettroni, mentre l'altra è una reazione di riduzione nella quale la specie attiva acquista elettroni.

METODI MODERNI

Quando fra due elettrodi è interposto un liquido conduttore, la composizione chimica del sistema può essere determinata misurando uno dei seguenti parametri mentre vengono mantenuti costanti uno o più degli altri: 

  • potenziale elettrico (voltaggio); 

  • carica trasferita (coulomb); 

  • corrente (coulomb al secondo); 

  • tempo. 

Le tecniche di misura possono essere la potenziometria, la coulombometria, l'amperometria e l'elettrolisi.

Coulombometria

La quantità di sostanza chimica che ha reagito a un elettrodo è misurata in funzione della quantità di carica elettrica (in coulomb) che attraversa la superficie dell'elettrodo. In condizioni ideali, si regola il potenziale in modo che una reazione possa avvenire e le altre no. A esempio, si può far depositare l'argento da una soluzione che contiene anche ioni rame impiegando un potenziale sufficientemente alto da provocare la riduzione dell'argento, ma non abbastanza alto da provocare quella del rame.

Potenziometria

Il potenziale di equilibrio di una cella elettrochimica viene misurato a corrente zero. Qualsiasi coppia di elettrodi di natura chimica non identica dà luogo a un potenziale elettrico quando essi vengono connessi mediante un liquido conduttore. Il potenziale ha una notevole importanza teorica in quanto è funzione della costante di equilibrio della reazione chimica in oggetto, della concentrazione delle specie chimiche presenti e della temperatura.
Benché, in certi casi, le specie chimiche possano essere identificate per mezzo della misura del potenziale, questa tecnica è usata principalmente per misurare la concentrazione delle specie chimiche in funzione del potenziale di elettrodo. Sono stati realizzati numerosi elettrodi per ioni particolari, in modo simile al classico elettrodo di vetro per il pH, capaci di determinare quantitativamente un gran numero di sostanze, dai contaminanti dell'acqua a sostanze biochimiche specifiche in sistemi viventi.
Nella cronopotenziometria si impiega un generatore di energia elettrica per far passare una corrente costante attraverso un microelettrodo (che ha un'area superficiale di pochi millimetri quadrati). Il potenziale attraverso l'interfase elettrodo-soluzione varia in funzione della reazione che si sta effettivamente svolgendo tra le diverse possibili. Il tempo, misurato in corrispondenza di un particolare intervallo di potenziale, indica la concentrazione della particolare specie che reagisce a quel potenziale.

Amperometria

La corrente che fluisce attraverso un microelettrodo a un potenziale costante è una misura della concentrazione della specie che sta cedendo cariche all'elettrodo o acquistandone da esso. Nella voltammetria si misura la corrente al variare del potenziale. Il potenziale al quale si ha una variazione di corrente serve a identificare la specie chimica, mentre la quantità della corrente serve a misurare la sua concentrazione. La polarografia comporta la misura della corrente su un microelettrodo a goccia di mercurio quando l'elettrodo è polarizzato, positivamente o negativamente, rispetto a un potenziale di riferimento prefissato. La polarografia è stata usata sia per studi teorici che nella pratica analitica. Nella cronoamperometria si applica il potenziale a un microelettrodo in soluzione e si misura la corrente in funzione del tempo. Se il valore del potenziale è sufficiente per provocare una reazione all'elettrodo, la curva corrente tempo rispecchierà l'andamento della concentrazione dell'elettrolita in soluzione.

Elettrolisi

L'elettrolisi è una reazione di decomposizione provocata da una corrente elettrica. Un'elettrolisi completa può servire a misurare la quantità di una sostanza in soluzione, benché la principale utilità dell'elettrolisi sia nella preparazione di sostanze per usi di laboratorio o di quantità sufficientemente elevate per gli impieghi industriali (approfondimento).

Ricerche attuali

Gli obiettivi delle ricerche attuali sono l'aumento dell'efficienza, della selettività e della stabilità dei processi elettrochimici attraverso la modificazione della superficie degli elettrodi, la realizzazione di elettrodi polimerici e l'uso di nuovi catalizzatori.

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Questa pagina è stata realizzata da Vittorio Villasmunta

Ultimo aggiornamento: 29/11/14