Deriva dei continenti

La teoria secondo la quale i continenti si muovono lateralmente l'uno rispetto all'altro fu considerata estremamente rivoluzionaria quando fu avanzata per la prima volta da A. L. Wegener, un meteorologo tedesco, che fu anche il primo, agli inizi del sec. XX, a svilupparla in modo completo. Wegener presupponeva che, ad iniziare dall'era mesozoica fino al presente, un enorme ed antichissimo supercontinente, che egli chiamò Pangea (dal greco, "tutta la terra"), si fosse spaccato e che i pezzi si fossero separati per formare gli attuali continenti. Secondo Wegener, l'America Meridionale e l'Africa iniziarono a separarsi circa 100 milioni di anni fa, durante il cretaceo, e così avrebbero fatto l'America Settentrionale e l'Europa, creando in questo modo l'Oceano Atlantico. L'Oceano Indiano cominciò ad aprirsi durante il periodo giurassico. Il movimento principale, comunque, ebbe luogo durante il cretaceo e il terziario, quando il subcontinente indiano si spostò verso nord ed entrò in collisione con l'Asia, e l'Australia si separò dall'Antartide, spingendosi verso l'Arcipelago indonesiano. La deriva verso ovest dei continenti americani produsse le forze di compressione che generarono le catene montuose della Cordigliera occidentale, e la deriva verso nord dell'India corrugò una vasta area, formando in questo modo l'Himalaya. Analogamente, le catene alpine furono il risultato della compressione nord-sud tra l'Africa e l'Europa.

Wegener sostenne la sua teoria presentando numerose prove di diverso genere. La famosa teoria dell'"unione a incastro" dei continenti atlantici era solamente speculativa; molto più convincenti erano le numerose indicazioni, fornite dalla distribuzione geografica di particolari tipi di fossili, dell'unione, prima del cenozoico, di tutte le terre dei continenti meridionali. L'interpretazione convenzionale "stabilista" respinse la deriva dei continenti, e favorì invece l'ipotesi di ponti transoceanici di terra, come la mitica Atlantide, che sarebbero poi affondati, fin dall'era mesozoica. Wegener dimostrò comunque che questa interpretazione dal punto di vista geofisico era insostenibile.

Altre prove che confermavano l'ipotesi di Wegener provenivano dalla comparazione delle rocce di entrambe le rive dell'Atlantico, che sembravano dimostrare come i continenti nel passato fossero stati strettamente uniti, e da uno studio delle antiche zone climatiche. Era già nota, ad esempio, l'esistenza di depositi sedimentari del tardo paleozoico, chiamati tilliti, che indicavano l'esistenza in epoche anteriori di calotte glaciali, sia in Sudafrica che in America Meridionale, in India ed in Australia.

La loro distribuzione d'altra parte potrebbe essere spiegata meglio supponendo che i continenti un tempo fossero disposti in modo da formare Gondwana, la parte meridionale di Pangea, e che Gondwana fosse sovrapposta all'antica posizione del Polo Sud. La distribuzione dei depositi di carbone fossile del carbonifero dimostra, inoltre, come l'Europa e gli Stati Uniti fossero situati in una fascia equatoriale nel periodo in cui le tilliti venivano depositate molto più a sud.

In ogni caso, poiché l'ipotesi di Wegener non prese in considerazione un adeguato meccanismo fisico per la deriva dei continenti, l'accoglienza che ricevette fu generalmente negativa. In anni recenti comunque nuove prove geofisiche tendono a suffragare l'ipotesi della deriva dei continenti. Le celle di convezione nel mantello terrestre sono comunemente accettate come il meccanismo per lo spostamento dei continenti. La moderna teoria della tettonica a zolle comunque differisce per molti importanti aspetti da quella della deriva dei continenti, in particolare per quanto riguarda il movimento laterale del fondo degli oceani (v. fondo marino, espansione del) e dei continenti.

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Ultimo aggiornamento: 27/02/16