USTICA: "Geostar" esplora gli abissi 

di Carlo Grande
(pubblicato il 1° novembre 2000 su TuttoScienze)

SI chiama Geostar, ed è la prima stazione automatica per ricerche abissali del Mediterraneo, con sensori e sistemi di comunicazione in grado di acquisire, gestire e trasmettere via satellite dati sull'attività' sismica, sulle variazioni dei campi magnetici, sulla circolazione delle masse oceaniche. Il "Lem degli abissi", così soprannominato per una certa somiglianza con il modulo spaziale che per primo arrivò sulla Luna gli astronauti dell'Apollo, è stato deposto alla fine di settembre al largo di Ustica (25 chilometri a Nord-Est), da un lunghissimo cavo d'acciaio della nave oceanografica del Cnr ''Urania'', ad una profondità di 3.400 metri. 

E' il prototipo di una nuova generazione di osservatori: rimarrà adagiato, per 8 mesi e in via sperimentale, nella cosiddetta "Piana Batiale Tirrenica", scelta perché rappresenta una zona chiave per lo studio di importanti fenomeni geofisici e oceanografici del Mediterraneo

Ustica, paradiso dei subacquei e isola "pelagica", cioè di alto mare, è la punta emersa di un enorme vulcano sottomarino, grande quanto l'Etna, che si innalza dai 3 mila metri di profondità. E' emerso un milione di anni orsono per la pressione delle zolle continentali africana ed euroasiatica: il magma è fuoriuscito da una frattura, un'enorme vallata sottomarina, la stessa che ha creato, in centinaia di migliaia di anni, numerosissimi vulcani sottomarini siciliani. Alcuni di essi sono emersi, determinando isole come Ustica, la più antica. Nel 1831, ad esempio, nelle acque tra Sciacca e Pantelleria, fra ribollimenti, colonne di fuoco e vapori emerse in pochi giorni l'isolotto di Ferdinandea, che raggiunse quasi 5 km di circonferenza e una sessantina di metri di altezza. Poi fu inghiottito dalle tempeste e il vento. 

Una vera e propria cintura abissale corre infatti lungo l'intero perimetro della zolla continentale siciliana: a Sud la divide dall'antistante zolla africana, poi volta verso Est all'altezza di capo S. Vito e risale lungo la costa settentrionale, piegando infine a Nord, verso la Calabria. Anche l'arcipelago eoliano, ad esempio, è un libro di testo per la vulcanologia mondiale. Geostar, messo a punto dall'IGM, dall'Istituto nazionale di Geofisica di Roma e da un pool internazionale di scienziati, è composto da due sistemi principali: l'osservatorio sottomarino (Bottom Station) e il veicolo di deposizione e recupero (Mobile Docker). L'osservatorio, alimentato da batterie con autonomia di un anno, contiene i sensori, i sistemi di comunicazione, l'elettronica di acquisizione e gestione dati per "auscultare" i movimenti della terra in un punto dove la crosta è molto sottile, solo una trentina di chilometri dalla massa plastica del "mantello", perennemente ad altissima temperatura. 

I sensori attualmente ospitati sono un sismometro, due magnetometri, un gravimetro sperimentale realizzato dall'Istituto di Fisica Spaziale del Cnr, un correntometro Doppler, e una serie di strumenti per la misura di parametri ambientali come la torbidità dell'acqua. 

I sistemi di comunicazione utilizzano sia la trasmissione acustica subacquea (dall'osservatorio sul fondo fino ad una boa in superficie, e da questa ad un qualsiasi punto ricevente a terra tramite trasmissione satellitare in tempo reale), che piccole capsule ("Messengers"), in grado di risalire in superficie e trasmettere i dati raccolti ai satelliti. Geostar, ad impatto ambientale nullo sia in fase di installazione che in fase operativa, è stato progettato per funzionare in aree costiere e a profondità abissali, fino a 6000 metri: migliorerà le conoscenze del pianeta e dei suoi fenomeni a scala sia locale che globale, come l'attività sismica, le variazioni del campo magnetico terrestre, la conoscenza dell'interno della Terra, la circolazione delle masse d'acqua oceaniche, le loro variazioni di parametri chimico-fisici. Molte di queste conoscenze hanno ricadute di carattere economico e sociale, perché indagano l'inquinamento e il controllo di impianti offshore potenzialmente pericolosi; e saranno utili anche alla protezione civile, grazie al monitoraggio di aree a rischio sismico e vulcanico.



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Ultimo aggiornamento: 27/02/16