Termodinamica

La termodinamica è quella branca delle scienze fisiche che studia il trasferimento del calore e l'interconversione del lavoro e del calore che avviene in vari processi fisici e chimici. Il termine deriva dal greco, dalla combinazione delle parole thermos (calore) e di dynamis (potenza). Lo studio della termodinamica è essenziale sia per la chimica che per la fisica e sta acquistando un'importanza sempre maggiore per la comprensione dei processi biologici e geologici.

All'interno di questo campo, nel quale si mescolano la chimica e la fisica, esistono diverse sottodiscipline. Queste comprendono: la termodinamica classica, che prende in esame il trasferimento di energia e il lavoro nei sistemi macroscopici (ossia prescindendo dalla natura delle forze e dalle interazioni tra singole particelle, a livello microscopico); la termodinamica statistica, che considera il comportamento microscopico, descrivendo le relazioni per l'energia sulla base del comportamento statistico di gruppi molto numerosi di singoli atomi o molecole e utilizzando in larga misura le implicazioni matematiche della teoria quantistica; la termodinamica chimica, che concentra la propria attenzione sugli scambi di energia che avvengono nel corso delle reazioni chimiche e sul lavoro fatto dai sistemi chimici (v. chimica fisica).
Il campo di lavoro della termodinamica è ben definito: essa dà importanza essenzialmente allo stato iniziale e finale dei sistemi (un sistema è costituito da tutti i componenti che interagiscono) e al modo, o alla via, secondo il quale avviene la trasformazione, ma non fornisce informazioni sulla velocità della trasformazione o su ciò che si verifica a livello atomico e molecolare nel corso della trasformazione.

SVILUPPO DELLA TERMODINAMICA

I primi studi di termodinamica furono motivati dal desiderio di ottenere lavoro utile dall'energia termica. La prima turbina a reazione venne descritta da Erone di Alessandria (c. 120 d.C.); essa consisteva in una sfera di rame imperniata, munita di due ugelli curvi e riempita parzialmente di acqua. Quando si riscaldava la sfera sul fuoco, dagli ugelli usciva il vapore e la sfera si metteva a girare. Questo dispositivo non venne progettato per ottenerne lavoro utile, ma piuttosto come una curiosità, e a quell'epoca la natura del calore e del suo trasferimento (v. calore e propagazione del calore) rimaneva nel campo della pura speculazione.

Verso la fine del sec. XVII si cominciarono a spiegare i cambiamenti che si verificano quando le sostanze bruciano, proponendo l'esistenza di una sostanza materiale invisibile chiamata flogisto (v. flogisto, teoria del), che si supponeva andasse perduta quando si verificava una combustione.

Nel 1789 Antoine Lavoisier preparò l'ossigeno a partire dall'ossido di mercurio; ciò facendo dimostrò la legge della conservazione della massa, e pertanto fece cadere la teoria del flogisto. Lavoisier suggerì che il calore, che egli chiamava calorico, fosse un elemento, probabilmente un fluido senza peso che circondava le particelle di materia, e che questo fluido potesse essere rimosso nel corso di una reazione. L'osservazione che il calore passa dai corpi più caldi a quelli più freddi quando fra essi viene stabilito un contatto termico veniva spiegata in termini di repulsione tra le particelle del calorico.

Anche per quanto riguarda la conversione del calore in lavoro utile si realizzarono importanti progressi. Alla fine del sec. XVII Thomas Savery inventò una macchina per pompare l'acqua da un pozzo, impiegando il vapore e un sistema di serbatoi e di valvole manovrate manualmente. La pompa di Savery è generalmente considerata come la prima applicazione pratica dell'energia del vapore. Thomas Newcomen sviluppò l'invenzione di Savery realizzando nel 1812 il primo motore a pistoni. Il modulo costruttivo di tale motore venne ulteriormente perfezionato da James Watt durante l'ultimo quarto del sec. XVIII.

Equivalente meccanico del calore

Il superamento della teoria del calorico ebbe inizio con le esperienze di sir Benjamin Thompson, conte di Rumford. Dopo aver trascorso l'età giovanile in America e in Inghilterra, Thompson divenne ministro della Guerra e ministro di Polizia in Baviera. Nel 1798, mentre assisteva all'alesatura di un cannone presso l'arsenale di Monaco, notò che durante quell'operazione si produceva una quantità di calore che sembrava inesauribile. Facendo eseguire sott'acqua il processo di alesatura scoprì che una data quantità di acqua richiede sempre la stessa quantità di tempo per giungere all'ebollizione. Se la teoria del calorico fosse stata corretta si sarebbe arrivati a un momento in cui tutto il calorico sarebbe già stato asportato dagli atomi del cannone e non si sarebbe più ottenuto calore. Thompson, giustamente, interpretò i risultati di questa esperienza come una dimostrazione della possibilità di convertire lavoro in calore, in modo analogo a quanto avveniva nelle macchine a vapore del suo tempo, che convertivano calore in lavoro. Nel 1799 sir Humphrey Davy dimostrò che dei pezzi di ghiaccio fondevano più velocemente se venivano strofinati uno contro l'altro, anche sotto vuoto. Questa esperienza dette un ulteriore contributo all'idea che il lavoro potesse essere convertito in calore.

Una determinazione precisa dell'equivalente meccanico del calore venne eseguita nel 1849 da James Joule. Con l'impiego di termometri molto precisi appositamente costruiti, Joule trovò che agitando dell'acqua (lavoro meccanico fornito) la sua temperatura aumentava (energia termica ottenuta). Il suo fattore di conversione di 0,241 calorie di energia termica pari a un joule di lavoro era basato sulla osservazione che per generare una caloria un peso di 1 Kg doveva cadere percorrendo la distanza (sulla verticale) di 42,4 cm (il lavoro compiuto dal peso nel discendere veniva utilizzato, in questo caso, per agitare meccanicamente l'acqua).

Joule effettuò anche esperienze sui gas riscaldandoli elettricamente e misurando le corrispondenti variazioni di pressione; anche in questo caso trovò risultati analoghi ai precedenti sulla interconversione del calore e del lavoro.

Il primo principio della termodinamica

Le scoperte di Joule e di altri portarono Rudolf Clausius, un fisico tedesco, ad affermare nel 1850 che "in un processo qualsiasi l'energia può passare da una forma all'altra (calore e lavoro compresi), ma non può mai essere creata o distrutta". Questo è uno dei modi di enunciare il primo principio della termodinamica. In termini termodinamici si definisce sistema una parte dell'universo (termodinamico) che è isolata dal resto dell'universo stesso. In termini concreti sono esempi di sistemi una stanza chiusa, un cilindro racchiuso in un motore, del caffè contenuto in un thermos, o il corpo umano. L'energia interna di un sistema così definito è una funzione di stato; ciò significa che E dipende solamente dallo stato del sistema a un determinato momento, e non dalle modalità secondo le quali quello stato è stato raggiunto.

Se il sistema considerato è un sistema chimico di volume costante (a esempio, una sostanza racchiusa in un contenitore sigillato), il sistema non può compiere lavoro nel senso tradizionale, cioè come un pistone che si espande contro la pressione esterna. Se sul sistema (o dal sistema) non viene compiuto alcun altro tipo di lavoro (a esempio elettrico), si ha che un aumento di energia interna è uguale alla quantità di calore assorbita a volume costante. Se il calore viene assorbito a pressione costante anziché a volume costante (cosa che si verifica per qualsiasi sistema che non sia chiuso) l'aumento di energia del sistema è rappresentato dalla funzione di stato H, che è in stretta relazione con l'energia interna. Variazioni di H (contenuto termico) sono dette variazioni dell'entalpia.

Nel 1840, prima che Joule avesse eseguito le sue determinazioni dell'equivalente meccanico della caloria, Germain Henry Hess riferì i risultati di esperimenti che indicavano che il calore sviluppato o assorbito nel corso di una certa reazione chimica è indipendente dal particolare modo (o percorso) seguito nel far svolgere la reazione. Questa generalizzazione è oggi nota sotto il nome di legge di Hess e costituisce uno dei postulati fondamentali della termochimica.

Il secondo principio della termodinamica

La macchina a vapore sviluppata da James Watt nel 1769 era un esempio di motore termico, un sistema che assorbe calore da una sorgente, ne converte una parte in lavoro utile e trasferisce il calore residuo a un serbatoio refrigerante. Un importante progresso nella comprensione delle macchine termiche venne compiuto nel 1824 grazie a N. L. Sadi Carnot, un ingegnere francese, che ne discusse la natura ciclica. Questo approccio teorico è noto come ciclo di Carnot.

Un risultato dell'analisi della macchina termica in termini di ciclo di Carnot è costituito dal secondo principio della termodinamica, che può essere enunciato in numerosi modi diversi. Secondo Rudolf Clausius: "E' impossibile per una macchina automatica, non alimentata dall'esterno, trasferire calore da un corpo che si trova a una certa temperatura a un altro a temperatura più alta". William Thomson (lord Kelvin), un fisico inglese studioso di termodinamica, propose l'enunciato: "E' impossibile, per mezzo di un processo ciclico, prelevare calore da una sorgente e trasformarlo in lavoro senza che nello stesso processo venga trasferito del calore da una sorgente più calda a una più fredda".

Entropia

Il secondo principio della termodinamica porta a introdurre una nuova funzione di stato, l'entropia, S, di un sistema. L'incremento dell'entropia di un sistema quando a esso viene fornito del calore deve essere almeno q/T, dove q è il calore acquistato e T è la temperatura assoluta. Se il calore viene fornito in un processo ideale (reversibile) si ha che la variazione di entropia uguaglia il rapporto q/t, mentre per i processi reali (irreversibili) la variazione di entropia è sempre superiore a questo valore. Ludwig Boltzmann, fisico austriaco, nel 1877 chiarì il significato dell'entropia a livello molecolare, mettendola in relazione con il disordine.

Il secondo principio della termodinamica può essere enunciato anche facendo riferimento all'entropia: in un processo spontaneo irreversibile l'entropia complessiva del sistema e dell'ambiente aumenta sempre; per un processo qualsiasi l'entropia complessiva di un sistema e dell'ambiente circostante non può mai diminuire.

Il terzo principio della termodinamica

L'entropia, considerata come misura del disordine, è una funzione della temperatura, essendo a un aumento della temperatura legato un aumento dell'entropia. Il terzo principio della termodinamica prende in considerazione l'ordine perfetto, e afferma che l'entropia di un cristallo perfetto è zero soltanto allo zero assoluto. Questo punto di riferimento consente di assegnare dei valori assoluti all'entropia di composti che si trovano al di sopra dello zero assoluto.

EQUILIBRIO ED ENERGIA LIBERA

Mentre la termodinamica non studia la velocità con la quale avviene una reazione chimica, la forza che la guida, o spontaneità, è un argomento termodinamico. Si dice che una reazione è spontanea quando i reagenti e i prodotti si mescolano fra loro in condizioni esattamente assegnate e la quantità dei prodotti di reazione aumenta mentre la quantità dei reagenti diminuisce.

La spontaneità (o, meno esattamente, la direzione) di una reazione chimica può essere prevista per mezzo di una valutazione delle funzioni termodinamiche. Marcellin Berthelot, studioso francese di termodinamica, e il fisico danese Julius Thomsen suggerirono nel 1878 che ogni variazione chimica procede nella direzione nella quale si avrà la maggiore produzione di calore; in altre parole, tutte le reazioni spontanee sono quelle che danno luogo a una diminuzione di entalpia, H, e pertanto sono esotermiche. Quest'affermazione non è esatta, perché si conoscono numerose eccezioni di reazioni chimiche che sono spontanee (cioè l'equilibrio si sposta dalla parte dei prodotti di reazione e non da quella dei reagenti) pur essendo endotermiche (danno luogo a un aumento dell'entalpia).

La funzione energia libera di Gibbs

Le reazioni chimiche si svolgono sempre in una direzione (a temperatura e pressione costanti) che dà luogo a una diminuzione della funzione energia libera del sistema. L'energia libera di Gibbs del sistema, G, è una funzione di stato. Accanto a questa funzione, detta anche entalpia libera, viene definito anche un altro potenziale termodinamico, a volume costante anziché a pressione costante, detto energia libera di Helmoltz e indicato con il simbolo F (o A). Il nome inglese della funzione di Gibbs, free energy, provoca spesso tra le due una confusione che può essere evitata considerando le condizioni fisiche in cui si svolge il processo in esame. L'energia libera di Gibbs è definita dalla relazione G = H -TS e, a temperatura costante, si ha che la variazione di G uguaglia la differenza tra la variazione di H e quella di TS. Una reazione è spontanea se la variazione di G è negativa, cioè se la reazione procede verso uno stato di energia libera minore. Un valore negativo della variazione di G può essere la conseguenza di una reazione esotermica) e/o di un prodotto della temperatura assoluta per una variazione di S positiva, che indica un aumento dell'entropia (o disordine) del sistema. Le reazioni chimiche spontanee proseguono fino a che si raggiunge il minimo dell'energia libera del sistema, in modo da avere, nei confronti di un'ulteriore reazione, una variazione di G pari a 0. A questo punto il sistema raggiunge un equilibrio dinamico (v. chimico, equilibrio e cinetica). Fino a che le condizioni di reazione rimangono invariate non si osserva alcuna variazione macroscopica nel sistema; non vi sarà alcuna ulteriore variazione nelle quantità dei reagenti e dei prodotti anche se, a livello microscopico, la reazione prosegue, poiché i reagenti prenderanno a formarsi con la stessa velocità dei prodotti. L'equilibrio, dal punto di vista termodinamico, è definito dalla variazione di G pari a 0.

Reazioni di ossidoriduzione

Una conversione con alte rese di energia chimica in lavoro viene compiuta per mezzo delle celle elettrochimiche (v. elettrochimica). Una reazione di ossidoriduzione (v. ossidazione e riduzione) avviene spontaneamente con modalità tali che l'energia libera disponibile viene convertita in energia elettrica. Reazioni di ossidoriduzione non spontanee (reazioni con una variazione positiva di energia libera) possono essere provocate compiendo lavoro sul sistema per mezzo di una sorgente esterna di energia (di solito un generatore di energia elettrica in corrente continua). Questo processo, che fa sì che delle reazioni di ossidoriduzione procedano in senso inverso rispetto a quello che sarebbe stato spontaneo, si chiama elettrolisi, e venne sviluppato da Michael Faraday nel 1833.

CAMBIAMENTI DI STATO

La termodinamica studia anche i cambiamenti dello stato di aggregazione, come il passaggio dal ghiaccio all'acqua (trasformazione solido-liquido). A temperature al di sopra di 0°C e a pressione atmosferica il ghiaccio fonde spontaneamente, secondo una trasformazione endotermica vale a dire che per l'acqua lo stato liquido è più disordinato di quello solido. A 0°C e a pressione atmosferica il ghiaccio e l'acqua coesistono in condizioni di equilibrio di fase. Nel 1876 Gibbs stabilì una relazione tra il numero di fasi presenti in un sistema, il numero di componenti e il numero di gradi di libertà (il numero delle variabili del sistema quali la temperatura e la pressione) i cui valori devono essere specificati per caratterizzare il sistema.

Una fase può essere considerata come una porzione omogenea di materia separata da altre regioni omogenee della stessa sostanza da confini di fase. Per una sostanza pura generalmente si presentano tre fasi: quella solida, quella liquida e quella aeriforme. Esistono altri tipi di fase, come le due forme solide cristalline del carbonio (il diamante e la grafite) e la fase gassosa ionizzata della materia nota come plasma (v. plasma, fisica del).

Se un campione di una sostanza pura si trova allo stato solido e si fornisce calore alla sostanza, si osserverà un aumento della temperatura che segnala un aumento del contenuto calorico. La temperatura del solido continuerà a crescere fino a che inizia il processo di fusione, in corrispondenza del quale si ha la coesistenza di due fasi, solida e liquida, in condizioni di equilibrio. Tale temperatura è detta punto di fusione e si trova tabulata a pressione atmosferica. Il calore necessario per trasformare una mole di sostanza solida in una mole di sostanza liquida è il calore molare di fusione.

Dopo che è avvenuta la trasformazione da solido a liquido, fornendo una ulteriore quantità di calore al sistema si osserva un aumento della temperatura fino alla coesistenza in condizioni di equilibrio della fase liquida e della fase gassosa della sostanza a pressione atmosferica. Questa temperatura è definita punto di ebollizione. Il calore necessario per trasformare una mole di sostanza allo stato liquido in una mole di sostanza allo stato gassoso è il calore molare di vaporizzazione. Esiste un insieme di condizioni (la temperatura e la pressione nell'esempio precedente) alle quali si può avere la coesistenza in condizioni di equilibrio delle fasi solida, liquida e gassosa; tale insieme caratterizza il punto triplo (v. costanti critiche).

Un equilibrio liquido-gas può esistere a numerose temperature differenti. Nel 1834 l'ingegnere francese B.P.E. Clapeyron effettuò degli studi sui liquidi e sui gas; queste indagini vennero successivamente perfezionate da Clausius. La relazione tra la tensione di vapore all'equilibrio di un liquido, la sua temperatura e il suo calore molare di vaporizzazione è detta equazione di Clausius-Clapeyron.

EQUAZIONE DI STATO

Misure effettuate su solidi, liquidi e gas hanno indicato che il volume (V) occupato da una sostanza dipende dalla temperatura assoluta (T), dalla pressione (P) e dalla quantità della sostanza, di solito espressa in moli(n). Se si conoscono tre di queste grandezze la quarta risulta automaticamente determinata per effetto di una relazione detta equazione di stato. L'equazione di stato per un gas ideale è PV = nRT dove R è una costante di proporzionalità espressa in unità appropriate (v. gas, leggi dei). L'equazione è utilizzata anche come definizione dei gas ideali, o perfetti, dato che è soddisfatta solo da essi. Nel caso dei gas reali gli scarti da questa equazione sono piccoli se le distanze tra le particelle sono grandi (elevati valori di V e di T, bassi valori di P e di n). In queste condizioni il volume occupato dalle molecole o dagli atomi del gas è piccolo rispetto al volume totale e le forze attrattive e repulsive tra gli atomi e le molecole sono trascurabili. I gas reali in pratica presentano spesso deviazioni dal comportamento ideale; nel 1873 Johannes D. van der Waals propose delle modifiche da introdurre in questa equazione per tenere conto dei fattori che introducono degli scarti dai gas ideali. Una soluzione limite dell'equazione di stato dei gas ideali porterebbe a concludere che allo zero assoluto il prodotto della pressione per il volume si annulla. In realtà, naturalmente, tutti i gas a bassa temperatura passano allo stato liquido, per cui l'equazione di stato dei gas non può più essere applicata.

Il comportamento non ideale dei gas reali ha un'importante conseguenza termodinamica. Se si lascia effondere un gas ideale attraverso un orifizio da una regione a pressione più alta a una a pressione più bassa non si ha né assorbimento né emissione di calore, nessuna variazione dell'energia interna e quindi nessuna variazione della temperatura. I gas reali, tuttavia, si comportano in modo diverso. Tutti i gas reali, a eccezione dell'idrogeno e dell'elio, si raffreddano quando vengono fatti espandere nelle condizioni sopra descritte. Se non avviene alcun trasferimento di energia termica (cioè se il processo è adiabatico, caratterizzato da q=0), l'energia interna del sistema diminuisce a causa del lavoro fatto dal sistema nel far diminuire il valore delle forze di attrazione tra le molecole del gas. Questo fenomeno è detto effetto Joule-Thomson e trova applicazione nel campo della refrigerazione, della liquefazione dei gas e della produzione di neve artificiale.

LA SORGENTE PRIMARIA DELL'ENERGIA

La prima legge della termodinamica è stata chiamata la legge della conservazione dell'energia. Lavoisier verso la fine del sec. XVIII enunciò anche la legge della conservazione della massa. La fisica relativistica ha dimostrato che la legge di conservazione effettiva è una combinazione di queste due, e che la materia e l'energia possono essere convertite l'una nell'altra secondo l'equazione di Einstein E=mc², dove E è l'energia in erg, m è la massa in grammi e c è la velocità della luce in centimetri al secondo. Tutta l'energia, in definitiva, trae origine dalla conversione della massa in energia. Quando si brucia della benzina la massa dei prodotti di combustione è leggermente inferiore alla massa dei reagenti, di una quantità esattamente proporzionale alla quantità di energia (calore) prodotta. Una parte di questo calore può essere convertita in lavoro utile e una parte va inevitabilmente perduta. Le centrali nucleari utilizzano reazioni nucleari come fonte di calore per alimentare macchine termiche (turbine), che convertono questa energia termica in altre forme di energia (p. es. in elettricità). Nelle reazioni nucleari, in sostanza, è maggiore la quantità di massa che viene convertita in energia; pertanto è necessaria una quantità di combustibile di gran lunga minore per produrre una stessa quantità di energia rispetto ai combustibili tradizionali. Come sempre, lo scopo fondamentale di chi studia gli aspetti termodinamici dei problemi è quello di convertire il calore in lavoro con il massimo rendimento.

TERMODINAMICA STATISTICA

L'interesse principale della termodinamica è per le funzioni di stato e per le proprietà dei sistemi macroscopici.

La termodinamica statistica tratta della distribuzione dei vari atomi e molecole che costituiscono il sistema e dei livelli energetici di queste particelle. Il secondo principio della termodinamica su scala atomica e molecolare è una legge statistica; esso esprime una tendenza verso la casualità e il disordine in un sistema che è composto da un grande numero di particelle. La termodinamica statistica utilizza le funzioni di probabilità e metodi matematici complessi per esprimere le funzioni termodinamiche in accordo con la teoria cinetica della materia.

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Ultimo aggiornamento: 29/11/14