Clima
Si definisce clima lo stato generale dell'atmosfera nel corso di un lungo
periodo di tempo. Mentre il tempo atmosferico è l'espressione delle condizioni
giornaliere, il clima è l'insieme composito delle medie e delle punte estreme
durante un determinato numero di anni. Come il tempo, il clima è causato dagli
scambi di massa e di energia all'interno dell'atmosfera e tra l'atmosfera e la
superficie della Terra.
Quale fattore dell'ambiente naturale, il clima non solo influenza tutti i
tipi di vegetazione, di suolo, e le riserve d'acqua, ma anche, direttamente o
indirettamente, ogni attività umana. Il clima determina l'idoneità di un'area
per gli insediamenti e per l'agricoltura, per la produzione industriale, per i
trasporti e per altre attività economiche. La conoscenza delle passate
variazioni climatiche è servita a spiegare le glaciazioni, i cambiamenti del
livello del mare, le carestie e le emigrazioni. Prove sempre maggiori dimostrano
che l'influsso dell'uomo sull'ambiente può causare cambiamenti del clima su
scala locale, o perfino mondiale.
CLIMATOLOGIA
Lo studio del clima ha antiche origini. I filosofi greci sostituirono le
spiegazioni sovrannaturali con una concezione del clima basata sulla latitudine
e sull'inclinazione dell'asse terrestre (la parola greca klima indica
l'inclinazione della Terra rispetto al Sole e si avvicina al concetto moderno di
latitudine). Circa nel 400 a.C. Ippocrate scrisse il "Delle arie, acque e
luoghi", la prima opera di climatologia medica. Le esplorazioni, il
commercio e le prime scoperte scientifiche dettero contributi fondamentali alla
climatologia, ma questa iniziò come scienza moderna solo con l'invenzione di
strumenti meteorologici. Galileo ideò un termometro nel 1593; il suo allievo
Evangelista Torricelli scoprì il principio del barometro a mercurio nel 1643.
Ai nostri giorni un notevole numero di scienze si occupa degli effetti del
clima. Gli impieghi pratici delle informazioni sul clima a loro volta hanno dato
luogo alla necessità crescente di una comprensione della natura fisica del
clima, in particolar modo come base per le previsioni e per la modifica dei suoi
andamenti nel futuro. Gli strumenti sempre più complessi, l'osservazione
diffusa, le comunicazioni più veloci ed altri progressi tecnologici hanno fatto
avanzare la ricerca sulla natura e le cause del clima e hanno accelerato la
specializzazione della climatologia.
Rami principali
La climatologia fisica
ricerca le spiegazioni dei fenomeni climatici attraverso la comprensione dei
processi atmosferici, sia riguardo ai trasferimenti su larga scala di calore,
massa e velocità (climatologia dinamica),
che in termini di osservazione degli elementi climatici - radiazione solare,
temperatura, umidità, nuvolosità, precipitazioni, venti e visibilità (climatologia
sinottica). La climatologia descrittiva, o climatografia,
analizza i dati provenienti dall'osservazione, spesso impiegando tecniche
statistiche e cartografiche. La climatologia
regionale, una branca della climatologia descrittiva, si occupa della
classificazione e della riproduzione su mappa dei diversi tipi di clima. La climatologia
applicata impiega i dati ed i principi della climatologia fisica e
descrittiva per la risoluzione di problemi attinenti al clima - nel campo della
salute, dell'industria, dell'agricoltura, dell'architettura ecc.
Classificazione dei climi
Non è possibile trovare sulla Terra due posti che abbiano lo stesso clima.
Al fine di comunicare le informazioni riguardo ai diversi climi, si deve usare
un sistema organizzato di generalizzazioni, cioè una classificazione. I
tre criteri principali di classificazione climatica sono quello genetico, quello
empirico, quello applicato. I sistemi genetici suddividono i climi in
base alle loro cause presunte - per esempio tropicale, degli altipiani,
continentale, monsonico. La divisione del mondo operata nella Grecia antica in
zone torride, temperate e fredde fu un primo tentativo di classificazione
genetica basata sugli effetti della latitudine sulla temperatura.
Le classificazioni empiriche
suddividono i climi in base alle loro caratteristiche osservabili, analizzate
sia singolarmente che in combinazione fra loro; le classificazioni empiriche
generalmente fissano limiti numerici alle categorie descrittive, che sono in
relazione alla temperatura, alle precipitazioni, all'insolazione, al vento o ad
altri elementi. Le classificazioni
applicate, o tecniche, si servono di tutti i criteri relativi agli
effetti del clima su altri fenomeni. I climi possono pertanto essere
classificati in base alla loro influenza sulle caratteristiche del paesaggio,
sulla vegetazione, sulle condizioni di vita dell'uomo, sul consumo di energia,
sull'inquinamento dell'aria o gli insediamenti umani.
Ogni classificazione climatica deve contemplare diverse scale di spazio e di
tempo. Climi regionali che abbracciano vaste aree sono definiti macroclimi
e possono essere divisi al loro interno in mesoclimi
su scala intermedia. I microclimi
sono climi di aree ristrette, spesso limitati agli strati superficiali più
bassi dell'atmosfera allo scopo di eseguire studi applicati. I paleoclimi
- i climi delle ere più lontane del passato - sono normalmente suddivisi al
loro interno sulla base di scale di tempo biologico e geologico (v.
paleoclimatologia). Prove portate dall'archeologia, da documenti storici e
dall'analisi statistica dei dati ricavati dall'osservazione hanno fissato i
limiti delle ere climatiche fin da quando apparvero per la prima volta gli
esseri umani.
La classificazione climatica più conosciuta e più largamente usata è
quella elaborata da Wladimir Köppen agli inizi del sec. XX. Köppen definì le
condizioni di temperatura e di precipitazione che stabilirono le condizioni
limite tra le maggiori formazioni vegetali. La mappa mostra la distribuzione
mondiale dei tredici principali tipi di clima, basata su una modifica del
sistema di Köppen elaborata dal geografo americano Glenn T. Trewartha. Questi
tipi di clima si collocano entro sei gruppi più ampi che combinano
caratteristiche simili di temperatura o di precipitazioni con la vegetazione
spontanea associata: umido subtropicale, secco, umido mesotermo, umido
microtermo, polare e montano, o degli altipiani.
Le zone tropicali umide sono
costantemente calde e ricevono annualmente abbondanti precipitazioni. Il
permanere di queste condizioni nell'arco dell'anno favorisce lo sviluppo di
fitte foreste pluviali, come quelle dei bacini del Rio delle Amazzoni e del
Congo. Un clima monsonico
predomina lungo certe coste tropicali ove un forte flusso di aria umida penetra
nell'entroterra nel corso di una stagione estiva dalla durata ben definita. Le
precipitazioni e l'umidità accumulata nel terreno in genere sono sufficienti a
mantenere foreste sempreverdi. Le regioni tropicali a clima
secco-umido subiscono forti variazioni della piovosità nel corso
dell'anno: le estati sono piovose, mentre gli inverni sono estremamente
asciutti. A tali alternanze si adattano le erbe alte e gli alberi sparsi della
savana, di cui si trovano esempi tipici in Brasile (campos) e nell'Africa
settentrionale.
I climi secchi sono presenti
dalle regioni tropicali fin ben addentro alle medie latitudini, e quindi hanno
caratteristiche termiche largamente variabili. Le steppe, tipiche dei climi
semiaridi, si formano lungo i margini leggermente più umidi dei deserti
tropicali e in larghe fasce della parte occidentale del Nord America e dell'Asia
centrale. La loro principale caratteristica sono i cespugli e l'erba bassa. I climi
aridi sono tipici dei deserti caldi delle zone tropicali e subtropicali e
dei deserti freddi in inverno delle medie latitudini. La loro vegetazione tipica
è costituita da cespugli spinosi ed erbe sparse.
Il clima mesotermo umido
caratterizza quelle medie latitudini ove l'inverno è mite e breve. Il clima
mediterraneo è contraddistinto da inverni piovosi ed estati asciutte e
calde e caratterizza zone costiere occidentali o meridionali. Sulle coste
continentali orientali a latitudini corrispondenti si trovano i climi
subtropicali umidi, che per tutto l'anno presentano precipitazioni
sufficienti per lo sviluppo delle foreste. Le estati, calde e umide, sono molto
simili a quelle delle zone tropicali umide, ma gli inverni sono più freddi.
Il clima microtermo umido si
estende in larghe bande attraverso l'America settentrionale e l'Eurasia. Le
temperature invernali sono basse e diminuiscono sia con la latitudine che con la
distanza dagli oceani. Nelle aree interne la temperatura subisce nell'arco
dell'anno forti sbalzi. Il clima continentale umido può essere diviso nel tipo
"lungo" e in quello "corto", in funzione dell'effetto della
latitudine sull'evolvere delle stagioni. Erbe alte e foresta mista ne
rappresentano la vegetazione tipica. Salendo in direzione del Polo Nord si
trovano i climi subartici,
associati alla taiga, o foresta boreale, costituita essenzialmente da conifere.
Gli inverni sono gelidi e le estati brevi e fredde.
I climi polari formano
cinture che circondano i due poli. L'inverno è lungo e buio; l'estate, breve e
fredda, fruisce di una lunga illuminazione. Le erbe e i licheni della tundra
possono crescere sullo strato superficiale di terreno che copre un sottosuolo
permanentemente gelato. Manti di ghiaccio coprono la maggior parte della
Groenlandia e dell'Antartide. La temperatura durante le brevi estati non sale
mai abbastanza da sciogliere queste coltri di ghiaccio, che si alimentano con le
leggere nevicate che possono aversi in qualsiasi stagione.
Le regioni a clima montano
sono un mosaico di numerosi climi locali diversi che variano con la pendenza,
l'esposizione e l'altezza delle montagne e degli altipiani. I pendii esposti al
vento sono di solito più umidi di quelli riparati. In generale con la quota le
temperature decrescono e le precipitazioni aumentano, creando una
stratificazione verticale della flora. La distribuzione stagionale delle
temperature e delle precipitazioni ricalca quella delle zone basse adiacenti.
Numerose altre classificazioni sono state proposte, sia per la ricerca sul
clima sia per studi applicati sulle risorse naturali, sulle attività umane o
sui problemi ambientali. Nessun singolo sistema può essere adatto per tutti gli
scopi: più propriamente, il sistema di organizzazione e di selezione dei
criteri dipende dall'uso che se ne vuol fare: spiegazione, descrizione o
applicazione delle conoscenze relative al clima.
DIVERSITA' DEL CLIMA
La radiazione solare che giunge sulla Terra, o insolazione,
è la fonte d'energia principale per i processi atmosferici. La rivoluzione
orbitale della Terra intorno al Sole e la sua rotazione su un asse polare
inclinato producono cambiamenti giornalieri e stagionali della quantità totale
di insolazione. I gas, le nubi e le particelle sospese nell'atmosfera diffondono
e riflettono nello spazio circa il 26% dell'insolazione. La superficie terrestre
riflette un altro 4%, sebbene la percentuale vari a seconda dell'angolo del Sole
e del potere riflettente dei diversi materiali. L'atmosfera e la superficie
terrestre assorbono circa il 70% dell'insolazione, che viene convertita in
calore e in energia cinetica. Il fatto che l'atmosfera assorba parzialmente
l'energia emessa dalla superficie terrestre, ne fa ritardare il ritorno nello
spazio, causando l'effetto serra. Alla fine tutta l'energia solare assorbita
ritorna nello spazio esterno sotto forma di radiazione ad onda lunga, mantenendo
un equilibrio energetico globale a lungo termine e una temperatura globale media
quasi costante.
Il bilancio energetico effettivo ed i conseguenti effetti sul clima in un
determinato luogo dipendono da altri fattori aggiuntivi. La latitudine
determina la durata della luce del giorno così come l'angolo dei raggi del
Sole, che sono più efficaci quando il Sole è vicino allo Zenit. L'altitudine
è un altro fattore del clima, poiché la temperatura dell'aria normalmente
diminuisce con l'aumentare della quota, ad un ritmo di circa 6 °C/1000 m. I
sistemi di circolazione generale atmosferica e oceanica ridistribuiscono il
calore e l'umidità, contribuendo a prevenire un eccessivo surriscaldamento ai
tropici e un freddo troppo intenso ai poli. I venti prevalenti, in particolar
modo i monsoni ed i venti da ponente trasferiscono le proprietà d'umidità e di
calore fra i continenti e gli oceani. Dal momento che l'acqua è più lenta
della terra a riscaldarsi e a raffreddarsi e fornisce una riserva immediata di
umidità, le regioni sottovento rispetto agli oceani hanno in genere temperature
più moderate ed un maggior tasso di precipitazioni di quanto non abbiano le
zone interne dei continenti. Questa influenza del mare sul clima alle medie
latitudini è notevole. Le correnti oceaniche contribuiscono ulteriormente al
trasferimento di calore.
Le aree che si trovano sul percorso di tempeste cicloniche sono soggette
alla conseguente variabilità di venti, temperatura e precipitazioni. Dove i
venti prevalenti, le masse d'aria e le tempeste in movimento incontrano delle
montagne, l'effetto barriera di queste ultime ritarda il movimento, spesso
obbligando l'aria a sollevarsi. Questo effetto orografico provoca un
raffreddamento poiché l'aria si dilata e può causare un aumento delle
precipitazioni nei versanti sopravvento, mentre i versanti sottovento
sperimentano una zona riparata dalle precipitazioni. Le barriere montagnose
possono inoltre rallentare il passaggio di masse d'aria fredda stabile,
proteggendo pertanto le regioni sottovento. Caratteristiche locali dei rilievi e
differenze di pendenza e di esposizione influiscono sulla ricezione
dell'insolazione, sulla resa d'acqua e sulle condizioni di vento. Le differenze
giornaliere di riscaldamento e raffreddamento provocano venti locali montani o
di valle e brezze terra-mare. Anche le masse d'acqua continentali possono creare
brezze giornaliere, così come possono influenzare l'umidità e la temperatura
nelle zone adiacenti grazie all'effetto lago.
CAMBIAMENTO DI CLIMA
Gli elementi del clima cambiano nel tempo così come da luogo a luogo. Prove
indirette degli andamenti climatici nelle ere più remote si possono rinvenire
nei fossili, nei fondali degli oceani e dei laghi, nelle torbiere, nei depositi
glaciali e nei suoli. La larghezza degli anelli annuali di crescita degli alberi
è in correlazione con le variazioni della temperatura e delle precipitazioni,
in particolar modo lungo i margini più asciutti delle foreste, e i resti di
alberi fossili forniscono testimonianza di mutamenti climatici del passato.
Resti archeologici e testimonianze storiche scritte ci offrono degli indizi
sulle condizioni climatiche durante l'era umana. Le registrazioni effettuate dai
moderni strumenti ci offrono una prova diretta del cambiamento climatico. Per
esempio, l'analisi dei dati riguardanti la temperatura mostra un lieve
riscaldamento nell'emisfero settentrionale dal 1890 circa fino al 1940, seguito
da un raffreddamento apparente.
Nessuna singola spiegazione rende conto di tutti gli andamenti e le
variazioni indicate dai diversi tipi di testimonianza. Le principali teorie
rientrano in quattro vaste categorie, che comprendono: i cambiamenti delle
modalità di insolazione, i cambiamenti nel contenuto dell'atmosfera, le
caratteristiche della superficie terrestre, l'intervento umano. Le variazioni
dell'energia emessa dal Sole, come quelle che hanno luogo con l'attività di
macchie solari, altererebbero la quantità e forse anche il tipo di radiazione
ricevuta dalla Terra. La teoria di
Milankovic sostiene che le differenze nella forma dell'orbita terrestre,
l'inclinazione dell'asse polare, ed il periodo dell'anno in cui la Terra è più
vicina al Sole causano cambiamenti nell'insolazione. Ci si è appellati a queste
cosiddette cause astronomiche per spiegare i periodi di glaciazione
continentale, o età glaciali, ed esistono oggi dati sperimentali convincenti a
sostegno di questa teoria.
Si può presumere che le variazioni all'interno dell'atmosfera del
quantitativo e della distribuzione di gas, nubi e particelle solide alterino il
bilancio energetico. Tra le possibili cause naturali che influiscono sul
bilancio energetico dell'atmosfera vi sono le eruzioni vulcaniche e studi degli
effetti dell'eruzione del 1982 del vulcano El Chichon (Messico) sembrano
confortare questa ipotesi. Anche eventi come l'incontro con una cometa o
l'impatto di grossi meteoriti, capaci di provocare variazioni climatiche su
vasta scala, sono stati proposti come cause dell'estinzione di forme di vita
verificatesi nel corso della storia della Terra, ma questa ipotesi resta non
dimostrata.
La superficie terrestre esercita un'enorme influenza sui bilanci del calore
e dell'umidità. I cambiamenti geologici della dimensione, della posizione e
della elevazione dei continenti sono stati studiati quali cause dei cambiamenti
paleoclimatici. Cambiamenti nel potere riflettente causati dal mutare delle
caratteristiche della copertura vegetale, dell'acqua e del ghiaccio sono altri
possibili fattori della variabilità climatica.
Le attività dell'uomo hanno la capacità di influenzare le situazioni
climatiche su ampia scala, introducendo materiali nell'atmosfera e riducendo la
superficie boschiva. Si riconosce oggi chiaramente che l'effetto serra è
incrementato dalla massiccia combustione di combustibili fossili e dal
conseguente aumento del biossido di carbonio nell'atmosfera. Anche la riduzione
dello strato di ozono causato dai fluorocarburi continua a destare serie
preoccupazioni, poiché esso costituisce uno schermo contro i raggi
ultravioletti e contribuisce a stabilizzare il bilancio termico della Terra.
Nell'ipotesi che i mutamenti climatici recenti siano dovuti in misura più o
meno grande all'aumento dell'effetto serra, è sorta nel 1992, nel corso del
Convegno Internazionale della Terra tenutosi a Rio de Janeiro, la convenzione
dei cambiamenti climatici (Conferenza di
Rio). Il summit, al quale partecipavano 174 Paesi, si è proposto di
stabilizzare i livelli dei gas ai quali è attribuito l'aumento dell'effetto
serra. Successivamente, nel protocollo
di Kyoto, del 1997, sono stati fissati per ciascun Paese industrializzato
gli obiettivi di riduzione dell'emissione dei gas serra, mediamente del 5,12%, e
per l'Italia del 6,5%. Tali obiettivi partivano dal presupposto che i Paesi
industrializzati siano responsabili per il 70% di tali emissioni. La necessità
di un controllo del riscaldamento globale del pianeta derivano dalla convinzione
di molti scienziati che negli ultimi 150 anni le temperature medie siano
aumentate di quasi un grado e che attualmente crescano a un ritmo di 0,1 gradi
ogni dieci anni. Questi dati vengono poi correlati in base a modelli teorici al
fatto che anche le concentrazioni di anidride carbonica (biossido di carbonio
CO2) sono in costante aumento producendo un incremento dell'effetto serra. Il
primo rapporto dell'IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change, v.),
consegnato nel 1990, ha posto le premesse per la convenzione-quadro sul
cambiamento climatico che è stata adottata nel 1992 in occasione del summit
della Terra di Rio de Janeiro ed è entrata in vigore nel 1994. Il secondo
rapporto, pubblicato nel 1995, ha posto le premesse affinché i Paesi firmatari
della convenzione-quadro sul cambiamento climatico approvassero nel 1997 il
protocollo di Kyoto, che ha stabilito per la prima volta tagli alle emissioni
dei gas serra. La ratifica del protocollo è stato il tema centrale della conferenza
de L'Aia del 2000. Alla Conferenza, i rappresentanti degli Stati Uniti
hanno però rifiutato di ratificare l'accordo, ritenendo non provata la diretta
dipendenza dei cambi climatici dall'attività umana e comunque troppo onerosi i
tagli per gli interessi del loro Paese. Da parte loro, i membri dell'IPCC, che
nel secondo rapporto avevano affermato che "le prove sperimentali
lasciavano riconoscere una influenza umana sul cambiamento climatico", in
un terzo rapporto successivo alla conferenza dell'Aia hanno affermato che
"i gas serra frutto delle attività umane hanno fornito un contributo
sostanziale al riscaldamento globale della Terra". Secondo alcuni
scienziati, tuttavia, tra i potenziali responsabili delle variazioni climatiche
terrestri potrebbero esserci, in misura concomitante o addirittura prevalente,
anche fattori astronomici o eventi naturali. Una serie di ricerche pubblicate
nel 2001 hanno, per esempio, collegato il riscaldamento globale alla variazione
del flusso dei raggi cosmici che colpiscono la Terra. Un gruppo dell'Istituto di
Ricerche Spaziali danese ha infatti messo in relazione il flusso di raggi
cosmici galattici con la copertura nuvolosa a bassa quota osservando che
l'aumento del flusso di raggi cosmici si accompagna a un aumento delle nubi
basse sino a 3000 metri. L'ipotesi che spiegherebbe la correlazione è che i
raggi cosmici favoriscano la ionizzazione e che questa porti a un aumento della
copertura nuvolosa. Poiché quest'ultima ha notevoli effetti sul riscaldamento
globale, le variazioni del flusso dei raggi cosmici produrrebbero effetti
sensibili sul clima terrestre. Ricerche concomitanti hanno anche mostrato che il
riscaldamento globale osservato a partire dal 1964 potrebbe essere almeno
parzialmente attribuito alla riduzione osservata del flusso dei raggi cosmici,
diminuito di circa il 40% in questo periodo.
Gli effetti locali sul clima dei grandi centri urbani sono un altro tema di
ricerca da numerosi anni (v. clima urbano).
EFFETTI CLIMATICI SUGLI ESSERI UMANI
I fattori climatici hanno una grande influenza sulle condizioni di vita e di
salute dell'uomo, ma la complessità della risposta umana al clima ha dato luogo
a malintesi e ad errate interpretazioni.
Gli esseri umani sono a sangue caldo e pertanto mantengono la temperatura
corporea costante, nonostante grandi escursioni della temperatura ambientale.
Una temperatura corporea costante deriva dall'equilibrio tra le perdite e le
acquisizioni di calore: uno squilibrio provoca diverse risposte fisiologiche. In
condizioni di freddo il corpo rabbrividisce per produrre calore per mezzo di
energia cinetica e limita l'afflusso di sangue alle estremità per diminuire le
perdite di calore. A temperature elevate la sudorazione è il principale
meccanismo di raffreddamento.
Diversi indici bioclimatici
valutano il grado di vivibilità (comfort). Uno dei più comuni, la temperatura
effettiva, è la temperatura di aria satura inerte che ha lo stesso
effetto sulla vivibilità dell'aria su cui si compiono le ricerche. Un'utile
valutazione del disagio provocato dal freddo, l'indice del freddo da corrente,
stima la quantità di calore che può assorbire l'atmosfera.
Molte malattie comuni, così come la mortalità, mostrano una relazione con
le variazioni climatiche stagionali o di altro genere. E' comunque difficile
stabilire una diretta correlazione di causa-effetto, poiché è difficile
distinguere le malattie provocate dal tempo da altre malattie, anche a causa dei
cambiamenti intervenuti nel corso del tempo nel campo dell'igiene e
dell'educazione sanitaria.
Le differenze di tolleranza così come quelle di adattamento raggiunte
attraverso una prolungata acclimatazione complicano ulteriormente le reazioni
fisiologiche all'ambiente atmosferico. Notevoli esempi di acclimatazione sono:
la capacità degli abitanti indigeni sia della Terra del Fuoco che del deserto
australiano di dormire all'aperto con temperature gelide e la capacità degli
indiani nativi delle alte montagne andine di vivere con metà del quantitativo
di ossigeno presente al livello del mare. Una prolungata selezione genetica
sembra aver sviluppato delle differenze funzionali, come un maggior numero di
ghiandole sudoripare nelle razze delle regioni tropicali, e un maggior flusso di
sangue e una più elevata temperatura superficiale negli eschimesi.
Il clima e la razza
E' stato il processo di selezione e di adattamento al clima a comportare lo
sviluppo delle diverse razze umane. Molte norme empiriche indicano che i vari
cambiamenti fisiologici permanenti hanno avuto luogo in natura per permettere la
sopravvivenza delle specie. Secondo la regola
di Bergman le sottospecie che vivono in climi più freddi raggiungono una
dimensione corporea maggiore di quella delle popolazioni che vivono in climi
più caldi. Il volume di un oggetto aumenta proporzionalmente al cubo del suo
raggio, mentre la sua area superficiale aumenta proporzionalmente al quadrato
del suo raggio. Poiché la maggior parte delle perdite di calore avviene
attraverso la pelle, un corpo più grande perderebbe meno calore. La regola
di Allen afferma invece che le estremità della frazione di una specie
che vive nella regione più fredda sono più corte a causa della notevole
perdita di calore che ha luogo attraverso queste parti del corpo scarsamente
isolate. La concentrazione di persone brevilinee alle basse latitudini conferma
la fondatezza della regola di Bergman, mentre gli eschimesi, la cui bassa
statura è attribuibile alle gambe corte, sembrano concordare con la regola di
Allen. Le diverse pigmentazioni hanno dato origine alla teoria per la quale la
pelle scura è una protezione necessaria ai tropici contro un'eccessiva
produzione di vitamina D. Alle alte latitudini, la pelle scura filtrerebbe
eccessivamente le radiazioni, e darebbe luogo a menomazioni dovute a carenza di
vitamina D, facendo in modo che solamente le persone con una pelle più chiara
potessero sopravvivere. Queste leggi e teorie naturali non hanno ricevuto una
piena conferma. E' difficile stabilire se il clima, o altri fattori (come il
cibo), da soli o in combinazione fra loro, siano responsabili delle differenze.
Inoltre, le modifiche apportate dagli uomini all'ambientazione climatica
(attraverso il vestiario e le abitazioni) sono talmente efficienti da far sì
che non sia necessario pensare ad un adattamento naturale attraverso così
notevoli cambiamenti fisici.
Il clima e la cultura umana
Alcuni scrittori come Friedrich Ratzel ed Ellen Semple hanno fatto uso di
simili leggi naturali per spiegare le differenze della cultura e dello sviluppo
umano. Forse lo scrittore più conosciuto nel campo del determinismo climatico
è Ellsworth Huntington, che ha descritto il ruolo del clima nella
determinazione dei caratteri razziali, della religione, dell'ascesa e del crollo
delle civiltà. Una sua teoria secondo cui la vita nelle regioni a clima freddo
e variabile ha stimolato maggiormente le capacità mentali e l'efficienza in
genere delle popolazioni rispetto a quelle di zone più calde è stata criticata
come una generalizzazione etnocentrica che si basava su dati limitati e ignorava
gli esempi di contraddizione con essa. Resta tuttavia valido e produttivo il
concetto che le variazioni climatiche influiscono sui movimenti migratori e
sullo sviluppo delle culture.
Copyright © 2002 Motta Editore
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