Tavola periodica
La tavola periodica è una classificazione e tabulazione degli elementi
chimici ordinati secondo il numero
atomico e che rende possibile una spiegazione e una previsione
sistematiche di molte delle proprietà chimiche e fisiche degli elementi.
All'inizio del sec. XIX la chimica era progredita fino al punto di definire
un elemento come una sostanza che non poteva essere decomposta in sostanze più
semplici in nessun modo allora noto. Il numero di sostanze così definite
aumentò rapidamente, ma non vi era modo di prevedere quanti e quali elementi
dovevano ancora essere scoperti, e in quali condizioni ci si dovesse aspettare
di ritrovarli. Man mano che il numero degli elementi conosciuti aumentava,
divenne evidente che certi gruppi di
elementi potevano essere classificati in famiglie in base alla somiglianza delle
loro proprietà chimiche. Così, a esempio, le reazioni che il litio, il
sodio e il potassio effettuavano erano molto simili le une alle altre, e ciò
succedeva anche per quanto riguardava le reazioni date dal cloro, dal bromo e
dallo iodio.
La vera scoperta della legge della periodicità avvenne negli anni 1868-70 e
venne fatta quasi simultaneamente da Lothar Meyer in Germania e da Dimitrij
Ivanovic Mendeleev in Russia. Meyer dispose i 57 elementi a lui noti secondo il
peso atomico crescente, lasciando spazi vuoti laddove le proprietà degli
elementi sembravano indicare che ci fosse uno che ancora non era stato trovato.
Egli si interessò particolarmente delle proprietà fisiche degli elementi, come
a esempio il volume atomico, e
notò che valori simili di questo ricorrevano periodicamente nella sua tavola
dopo ogni gruppo di sette elementi (se allora fossero stati scoperti anche i gas
inerti, o gas nobili, questa periodicità sarebbe ricomparsa dopo ogni gruppo di
otto elementi). Meyer mise a punto la sua prima tavola periodica nel 1868, ma
essa non venne pubblicata fino al 1870.
Nello stesso tempo Mendeleev, il quale era stato incaricato di scrivere un libro
di testo di chimica che in seguito divenne famoso in tutto il mondo, raggiunse
conclusioni simili a quelle di Meyer che però erano basate più sulle
proprietà chimiche che sul peso atomico degli elementi. Anche Mendeleev lasciò
degli spazi vuoti laddove era logico aspettarsi che vi fosse un elemento non
ancora scoperto e precedette Meyer di un anno (1869) nella pubblicazione della
sua tavola periodica. In diversi casi, l'uso dei soli pesi atomici, almeno per
come erano stati determinati a quel tempo, portava ad alcuni errori di posizione
di certi elementi nella tavola di Meyer; Mendeleev non ebbe esitazioni ad
affermare che questi pesi atomici dovevano essere sbagliati. Ancor più
arditamente egli previde con estrema precisione quali dovevano essere le
proprietà chimiche e fisiche degli elementi non ancora noti. Usando per il
numero 1 la corrispondente parola in sanscrito, eka, egli pose tale
parola come prefisso al nome degli elementi che si trovavano sopra gli elementi
da scoprire, dando a questi ultimi i nomi così ottenuti. In tal modo egli
descrisse le proprietà di quegli elementi che egli stesso aveva battezzato come
"eka alluminio", "eka-boro" ed "eka silicio". Le
previsioni di Mendeleev trovarono presto importanti conferme: nuove
determinazioni dei pesi atomici corressero alcuni dei valori che egli aveva
indicato come errati e gli elementi gallio, scandio e germanio, scoperti
successivamente, dimostrarono di possedere quasi esattamente le proprietà che
Mendeleev aveva per loro previsto.
Nel 1894, quando fu scoperto l'argon,
non si conosceva ancora alcun gas non reattivo di tal genere, così per
collocare la sostanza nel sistema periodico Mendeleev propose di aggiungere una
nuova colonna, indicata come colonna zero. Ciò, naturalmente implicava
l'esistenza di altri gas inerti, e difatti tra il 1895 e il 1898 furono scoperti
l'elio, il neon,
il kripton e lo xenon.
Essi si collocavano esattamente nelle posizioni previste nella tavola, come
richiesto dal loro peso atomico, ad eccezione dell'argon che doveva essere
scambiato con il potassio. Poiché non esistevano dubbi sulla corretta
collocazione dei gas questo scambio non fu granché contestato.
Più o meno negli stessi anni la tavola periodica (come cominciò a essere
chiamata) assunse la struttura di base che, eccetto alcune modifiche, è tuttora
valida. L'idrogeno, che fu
riconosciuto come un elemento anomalo, fu posto da solo all'inizio della carta.
Gli elementi che lo seguivano furono disposti via via sulla stessa linea fino a
che non compariva un elemento che avesse proprietà molto simili a un altro
elemento già sistemato in precedenza: a questo punto si iniziava una nuova
riga, o periodo. In ogni periodo,
quindi, ciascun elemento veniva posto sotto il suo analogo e, successivamente,
veniva iniziato un nuovo periodo.
La carta così disegnata può essere letta sia orizzontalmente che
verticalmente. La lettura orizzontale
mostra che gli elementi sono disposti in una serie nella quale non solo si ha
l'aumento del peso atomico ma anche della valenza. Iniziando con i
metalli alcalini monovalenti, la valenza positiva aumenta fino a 3. Il carbonio,
che ha una valenza non polare pari a 4, occupa una posizione centrale, seguito
da azoto, ossigeno e fluoro le cui valenze principali sono rispettivamente -3,
-2 e -1.
Originariamente furono costituite sotto ogni elemento del primo periodo sette
colonne verticali, rispettivamente indicate dai numeri romani da I a VII. Più
in basso nella tavola apparivano i cosiddetti elementi
di transizione: ferro, cobalto e nichel. Poiché le proprietà di questi
elementi di transizione erano diverse da quelle di tutti gli altri, fu loro
designata un'apposita colonna, l'VIII.
Quando la tabella viene letta verticalmente, ogni
colonna comprende una famiglia di elementi aventi proprietà simili.
Costruita in questa maniera, la tavola periodica permetteva di soddisfare le
necessità che avevano i chimici inorganici di organizzare quei dati che, fino a
poco prima, costituivano una massa di osservazioni senza alcuna connessione.
In seguito furono create due colonne separate A e B che riflettevano differenze
tra le proprietà. Entrarono nell'uso due sistemi distinti per indicare le
famiglie. In figura è mostrato il sistema americano, salvo che per il nome di
gruppo zero (invece che VIII A) dato ai gas inerti, che appartiene al sistema
europeo. Il sistema europeo, inoltre, scambia indici A e B tra le famiglie dalla
III alla VII; la tabella presentata illustra la pratica comune di combinare
aspetti di entrambi i sistemi. Tuttavia nel 1983, allo scopo di avere un sistema
veramente unitario la American Chemical Society ha raccomandato di
numerare consecutivamente da 1 a 18 le colonne da sinistra a destra. La proposta
è stata approvata dalla International Union of Pure and Applied Chemistry,
che la voleva ufficializzare nel 1986, ma nel frattempo il cambiamento proposto
ha sollevato enormi controversie tra i chimici.
Il più importante passo che venne successivamente fatto fu la spiegazione
della posizione degli elementi all'interno della tavola. Questo successo è
dovuto più all'opera dei fisici che dei chimici. Alla fine del sec. XIX e
all'inizio del sec. XX vennero compiuti notevoli progressi nella comprensione
della struttura dell'atomo. Risultò chiaro che l'atomo, che prima era stato
considerato come una entità indivisibile, conteneva in una ben precisa
disposizione nuclei ed elettroni e questa fu la chiave per comprendere il
segreto della periodicità degli elementi e per chiarire la struttura della
tavola periodica.
La più diretta applicazione delle nuove teorie atomiche fu il risultato del
lavoro di Henry G.J. Moseley nel 1913. Moseley bombardò un certo numero di
bersagli di metalli diversi con un flusso di elettroni e osservò che venivano
prodotti raggi X. La frequenza dei raggi X prodotti variava, a seconda del
metallo che veniva usato per il bersaglio, in maniera caratteristica da elemento
a elemento. Questa variazione poteva essere espressa matematicamente in funzione
di un numero intero che Moseley chiamò numero
atomico. L'ordine di questi numeri era esattamente lo stesso dell'ordine
degli elementi nella tavola periodica, eccetto nei casi delle coppie argon e
potassio, iodio e tellurio, cobalto e nichel; le discrepanze che questi elementi
introducevano nella tavola periodica sparivano e ogni elemento si trovava a
occupare il posto giusto corrispondente alle sue proprietà.
Il numero atomico rappresentava la carica positiva del nucleo atomico e questa
carica aumentava di una unità passando da un elemento a quello successivo.
Il numero atomico dimostrava così di essere l'effettiva variabile all'interno
della tavola periodica, preferibile al peso atomico.
In effetti venne poi dimostrato che ogni elemento poteva avere più di un peso
atomico. Gli studi relativi agli elementi radioattivi e ai prodotti finali delle
loro serie di decadimento radioattivo avevano portato ad analizzare campioni di
certi elementi (il piombo in particolare) che, essendo di diversa provenienza e
avendo anche diversi pesi atomici, dimostravano tuttavia di possedere ancora le
stesse proprietà chimiche. Frederick Soddy chiamò questi isotopi
e nel 1919 Francis William Aston dimostrò per mezzo della sua nuova tecnica, la
spettrografia di massa, che la
maggior parte degli elementi si presenta come miscele di isotopi. I pesi
atomici determinati per mezzo delle analisi chimiche, quindi, erano realmente la
media dei pesi atomici di tutti gli isotopi di uno stesso elemento. Per quanto
riguarda le posizioni anomale di certi elementi, ciò era avvenuto in quanto,
prendendo in considerazione il peso atomico, ciascun elemento non veniva
disposto nella sua posizione appropriata, come invece si verificava basandosi
sul numero atomico.
Il concetto di numero atomico indicava anche esattamente dove dovevano trovarsi
nella tavola periodica gli elementi non ancora scoperti; le proprietà chimiche
di ciascuno di questi, come mostrato dalla stessa posizione nella tavola,
indicavano dove sarebbe stato più probabile trovarli in natura. Usando come
guida questi criteri, vennero presto scoperti l'afnio
e il renio, sebbene tutti i
tentativi di scoprire l'elemento 43 (un analogo del renio), l'elemento 61 (una
terra rara), l'elemento 85 (un alogeno) e l'elemento 87 (un metallo alcalino)
non furono coronati da successo. A parte queste eccezioni, la tavola divenne
pressoché completa, dall'elemento con numero atomico 1, l'idrogeno,
all'elemento con numero atomico 92, l'uranio; sebbene non fosse ben chiaro
perché la tavola dovesse fermarsi con l'uranio, non era prevista la scoperta di
nessun altro elemento. Quando la struttura
dell'atomo divenne più chiara, si ebbe finalmente la spiegazione teorica
della periodicità. La struttura atomica si basava in un primo momento sullo
schema proposto da Niels Bohr nel 1913. Il numero atomico era stato identificato
come il numero di protoni - le particelle cariche positivamente - presenti nel
nucleo di ciascun atomo. Questa carica positiva era bilanciata da una carica
negativa equivalente dovuta a un ugual numero di elettroni carichi negativamente
e orbitanti intorno al nucleo in una serie di gusci indicati dalle lettere
progressive K, L, M e così via. Nella teoria di Bohr il guscio più interno
poteva contenere due elettroni: con un elettrone la struttura corrispondeva
all'atomo di idrogeno, con due elettroni la struttura era invece quella del gas
inerte elio. Quando il guscio K risultava completo, cominciava a riempirsi il
guscio successivo, quello L, il quale, potendo contenere otto elettroni,
determinava le strutture corrispondenti ai successivi otto elementi fino al gas
inerte neon, avente numero atomico 10. Così
la configurazione elettronica dei gas inerti rappresentava una situazione
stabile che gli altri elementi tendevano a loro volta a conquistare perdendo o
acquistando elettroni nelle reazioni chimiche. La periodicità della
tavola poteva essere spiegata, quindi, come dovuta al ripetersi della tendenza
al raggiungimento della configurazione stabile corrispondente a quella dei gas
inerti; i gusci più esterni potevano contenere 18 o addirittura 32 elettroni.
Era adesso necessario che i chimici partecipassero a un ulteriore messa a punto
della tavola periodica, basando le loro idee sulle proprietà chimiche
coinvolgenti la valenza degli elementi e la formazione di composti attraverso le
reazioni chimiche. Gilbert Lewis e Irving Langmuir, fra il 1916 e il 1920,
stabilirono la regola fondamentale che le
proprietà chimiche di un elemento erano determinate dal numero di elettroni
contenuti nella sfera più esterna. Alla luce di tale regola
i gas inerti non formavano normalmente dei composti in quanto i loro gusci più
esterni erano già completamente riempiti. Gli altri elementi tendevano invece a
raggiungere questo numero ideale, cioè ad avere il guscio più esterno
completamente riempito, sia perdendo elettroni, lasciando in tal modo l'atomo
carico positivamente, sia acquistandone per formare un atomo carico
negativamente. Gli atomi di carica opposta potevano quindi neutralizzarsi
l'uno con l'altro e questa interazione portava alla formazione di un composto.
L'idea di un numero di elettroni che crescesse regolarmente al crescere del
numero atomico indicava che ciascun guscio veniva riempito completamente prima
che il guscio successivo potesse iniziare il proprio riempimento. Questa idea
doveva però essere un po' modificata per giustificare il fatto che gli elementi
delle terre rare, i quali mostravano di contenere un numero crescente di
elettroni passando dal lantanio al lutezio, presentavano però differenze solo
trascurabili nelle proprietà chimiche. Era quindi necessario assumere che prima
che il guscio più esterno fosse completo, cominciasse a formarsi un nuovo
guscio e che esso diventasse a sua volta il guscio più esterno. Questo
significava che il guscio incompleto continuava a riempirsi, mentre le
proprietà chimiche determinate dal guscio più esterno rimanevano molto simili
passando da un elemento a un altro. In tal modo poté essere spiegata un'altra
anomalia della tavola periodica senza che si avessero cambiamenti nella tavola
stessa.
Il concetto di periodicità descritto sulla base della teoria atomica di Bohr
rimane valido anche considerando la moderna teoria atomica, che afferma che gli
elettroni non sono localizzati su gusci intorno al nucleo, ma delocalizzati in
volumi di spazio nei quali hanno alta probabilità di trovarsi: questi volumi
sono chiamati orbitali. Al posto di gusci elettronici diversi occorre
considerare dei gusci (o livelli) di energia diversa, contenenti un determinato
numero di elettroni (poiché ogni orbitale contiene al massimo due elettroni,
ogni guscio di energia conterrà un numero di elettroni doppio del
corrispondente numero di orbitali). In ogni periodo della tavola periodica viene
riempito un livello energetico e, nel caso anomalo degli elementi delle terre
rare, alcuni orbitali appartenenti a un
guscio di energia interno si riempiono solo successivamente a quelli del guscio
di energia più esterno, in quanto la loro energia reale è maggiore.
Il successo finale della tavola periodica si ebbe con lo studio degli
elementi radioattivi, che portò alla preparazione dei cosiddetti elementi
transuranici. Quasi contemporaneamente alla scoperta degli elementi
radioattivi, venne anche scoperto che essi decadevano, dando origine a nuovi
elementi, con velocità ben definite ed emettendo tre diversi tipi di radiazioni
- alfa, beta e gamma. I raggi gamma vennero presto identificati come raggi X
che, quindi, non potevano cambiare la natura dell'elemento che li emetteva. I raggi
alfa, al contrario, risultarono ioni elio con un peso atomico pari a
quattro e una doppia carica positiva, mentre i raggi
beta furono scoperti essere elettroni la cui massa trascurabile non era
certo in grado di alterare il peso atomico degli elementi dai quali queste
radiazioni venivano irradiate.
L'emissione di queste particelle da parte dei nuclei altera il numero atomico
dell'elemento, producendone così uno nuovo. Nel 1911 e nel 1913 Soddy dimostrò
che la perdita di una particella alfa
trasforma un elemento in quello che si trova due posti più a sinistra nella
tavola periodica, mentre la perdita di un elettrone trasforma un elemento in
quello che si trova immediatamente alla sua destra. Attraverso una catena
continua di questo tipo di trasformazioni si forma una serie di elementi detta
di decadimento. Furono identificate in un primo tempo tre diverse serie di
decadimento che hanno inizio rispettivamente da un isotopo dell'uranio, da un
isotopo dell'attinio e da un isotopo del torio. Una serie avente come
capostipite un isotopo del plutonio è invece stata identificata
successivamente. Ovviamente si può formare un certo numero di isotopi e, nella
maggior parte dei casi, il prodotto finale è un isotopo non radioattivo del
piombo. Nonostante che molti degli isotopi coinvolti in questo tipo di
trasformazioni fossero stati scoperti prima che il fenomeno stesso del
decadimento radioattivo venisse spiegato, il concetto relativo ai numeri atomici
rese possibile la comprensione di come tali trasformazioni avessero luogo.
Quando finalmente l'idea della interconversione degli elementi venne
accettata, risultò anche evidente che sarebbe stato possibile produrre
artificialmente tali trasformazioni se fosse stato possibile al contempo
introdurre all'interno del nucleo atomico alcune specifiche particelle cariche.
Era anche prevedibile che gli elementi così prodotti sarebbero stati troppo
instabili per poter essere reperibili in natura dal momento che essi avrebbero
avuto un decadimento radioattivo estremamente rapido. Nel 1930 Joliot-Curie
riuscì effettivamente a produrre una transmutazione artificiale bombardando dei
bersagli metallici con raggi alfa. Il ciclotrone,
messo a punto da Ernest Lawrence, mise a disposizione degli scienziati una
sorgente estremamente potente di particelle con la quale bombardare i vari
elementi; ciò permise a Emilio Segrè di trovare uno degli elementi non ancora
identificati della tavola periodica, l'elemento 43, il primo elemento prodotto
artificialmente, cui fu dato nome tecnezio,
derivante dalla parola greca che significa "artificiale". La
produzione artificiale di elementi completò la tabella periodica con la
preparazione del promezio
(elemento 61), dell'astato
(elemento 85) e del francio
(elemento 87). Tutti questi elementi erano radioattivi e decadevano rapidamente;
ciò spiegava perché non erano stati trovati per mezzo dei comuni metodi
chimici. Tutti occupavano esattamente il posto previsto per loro nella tavola
periodica.
Molto più esaltante per i chimici fu la possibilità di produrre nuovi elementi
più pesanti dell'uranio. Nel 1940 Edwin M. McMillan fu capace di produrre
l'elemento 93, il primo elemento dopo l'uranio, che egli chiamò nettunio,
proprio come il pianeta Nettuno è il primo pianeta dopo Urano. A questo punto
il lavoro di produzione di nuovi elementi apparentemente ebbe una battuta di
arresto; in realtà continuava in segreto, in quanto queste ricerche erano
strettamente connesse con la fabbricazione della bomba atomica. Glenn Seaborg,
un collega di McMillan, continuò il lavoro di quest'ultimo e riuscì a
sintetizzare grandi quantità dell'elemento 94, il plutonio.
I risultati di tutto questo lavoro vennero finalmente pubblicati solo nel 1946 e
il lavoro sugli elementi transuranici poté continuare attivamente e alla luce
del sole. Da allora sono stati preparati elementi fino al numero atomico 107;
l'elemento 101 fu chiamato proprio "mendelevio"
in onore dello scopritore della tavola periodica.
Man mano che il numero di elementi sintetici aumentava, divenne anche evidente
che i nuovi elementi transuranici formavano una nuova serie analoga a quella
delle terre rare, nella quale gli
elettroni aggiunti andavano a riempire il guscio sottostante a quello di valenza.
Per indicare questo, Seaborg suggerì che le terre rare note, il cui elemento
iniziale è il lantanio,
dovessero essere chiamate lantanidi,
mentre la nuova serie, il cui elemento capostipite è l'attinio,
fosse invece chiamata serie degli
attinidi. Questo punto di vista è stato ormai ufficialmente accettato.
Oltre alla valenza (meglio indicata
come stato di ossidazione) che, come è già stato detto, varia
periodicamente nella tavola, vi sono anche altre proprietà caratteristiche
degli elementi che variano parallelamente al numero atomico. Gli elementi sulla
sinistra della tavola sono metalli
mentre, spostandosi verso destra, si incontrano i semimetalli,
come il boro, il silicio e il germanio, e, infine, i non
metalli, come il carbonio, l'azoto, l'ossigeno e il cloro. I metalli sono
ottimi conduttori di elettricità, mentre i non metalli sono isolanti. La conducibilità
elettrica (e termica) è quindi anch'essa una proprietà periodica. In
base alla tendenza a raggiungere la configurazione elettronica del gas inerte
più vicino, i metalli dei primi gruppi tendono a cedere elettroni, mentre gli
elementi sulla destra della tavola tendono ad acquistarne. Di conseguenza anche
le energie necessarie per perdere un elettrone (energie
di ionizzazione), per acquistare un elettrone (affinità
elettroniche) e per attirare elettroni nei legami chimici (elettronegatività)
sono proprietà periodiche. Le dimensioni degli atomi variano in un periodo in
modo imprevisto: infatti gli atomi diminuiscono in volume da sinistra a destra
nello stesso periodo, mentre il peso atomico logicamente aumenta. Questo
comportamento è dovuto al fatto che la distanza media degli elettroni dal
nucleo dovrebbe mantenersi costante in quanto gli elettroni stanno tutti sullo
stesso guscio; tuttavia la carica del nucleo aumenta all'aumentare del numero
atomico e quindi il nucleo attrae a sé
i gusci elettronici con maggiore forza man mano che la sua carica aumenta,
provocando una contrazione del volume degli atomi.
La tavola periodica moderna consiste di diciotto colonne, nelle quali sono
disposti gli elementi aventi la stessa configurazione elettronica esterna, e di
sette righe, corrispondenti a sette diversi livelli energetici fondamentali. Le
colonne, o gruppi, sono individuate da numeri romani crescenti da I a VIII e
divise in due insiemi di gruppi, i gruppi A e i gruppi B. I primi due gruppi A
corrispondono rispettivamente agli elementi alcalini e alcalino terrosi e si
ottengono per riempimento dei cosiddetti orbitali di tipo s. Dalla terza alla
dodicesima colonna sono ordinati gli elementi di transizione per i quali si ha
il riempimento dei cosiddetti orbitali
di tipo d. Fra questi, gli elementi delle tre colonne aventi
rispettivamente come primo componente il ferro, il cobalto e il nichel sono
raggruppati come facenti parte di un unico gruppo, l'VIII A. Dalla tredicesima
alla diciottesima colonna sono ordinati gli elementi dei gruppi dal III B all'VIII
B, corrispondenti al riempimento degli orbitali di tipo p. Gli elementi dei
gruppi dove si ha il riempimento degli orbitali s e p vengono definiti come
elementi tipici. Infine, ordinati di solito in due righe separate dallo schema
principale, vi sono le due serie dei lantanidi e degli attinidi, contenenti
ciascuna 14 elementi; esse dovrebbero essere collocate rispettivamente dopo il
lantanio (elemento 57) e l'attinio (elemento 89) e corrispondono
al riempimento degli orbitali di tipo f. Gli elementi appartenenti a
queste due serie vengono spesso chiamati anche elementi di transizione interna.
Vedi anche: elementi.
Copyright © 2002 Motta Editore
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