Elementi chimici
Un elemento chimico è una porzione di materia che non può essere scissa in
costituenti più semplici con mezzi chimici o fisici (escluse le reazioni
nucleari).
La maggior parte della materia si trova in natura sotto forma di miscele
più o meno complesse che si possono separare, con procedimenti chimici, nelle
sostanze pure costituenti (composti ed elementi). Un composto chimico è una
porzione di materia che contiene due o più elementi sempre nelle stesse
proporzioni. Ogni composto chimico può essere descritto mediante una formula
chimica.
I composti possono essere frazionati per via chimica in modo da ottenere gli
elementi costituenti. Si noti che il termine sostanza si riferisce soltanto agli
elementi e ai composti, cioè a campioni di materia nei quali la presenza
percentuale di ciascun elemento è costante e riproducibile. Il termine elemento
si riferisce a una sostanza elementare, cioè che non può essere suddivisa in
sostanze più semplici. Il termine composto si riferisce a una sostanza
composta.
Gli elementi differiscono tra di loro fondamentalmente per la struttura
atomica dalla quale derivano tutte le altre proprietà. Un atomo è composto da
un nucleo che contiene particelle cariche positivamente chiamate protoni
e da particelle prive di carica dette neutroni,
circondato da particelle cariche negativamente chiamate elettroni.
Il numero degli elettroni è uguale a
quello dei protoni, cosicché l'atomo risulta elettricamente neutro. Ciascun
elemento è caratterizzato dal numero dei protoni contenuti nel nucleo di
quell'elemento, cioè dal suo numero atomico. Tutti gli atomi che hanno
lo stesso numero atomico possiedono le stesse proprietà chimiche; a esempio,
tutti gli atomi con sei protoni hanno le proprietà dell'elemento chiamato
carbonio. Oltre al nome, a ciascun elemento è assegnato un simbolo; il simbolo
del carbonio è C.
Il concetto di elemento così come è inteso attualmente si è sviluppato
non prima del sec. XVII. Al tempo dei filosofi della Grecia classica, Empedocle,
Platone, Aristotele, ecc., si riteneva che il mondo materiale fosse composto da
quattro o cinque sostanze fondamentali, o "elementi". Empedocle
classificò come sostanze elementari la terra, l'aria, il fuoco e l'acqua, alle
quali Aristotele aggiunse l'etere (una sostanza perfetta della quale erano
composti i corpi pesanti). Tuttavia questi elementi non erano realmente sostanze
materiali, ma idealizzazioni di sostanze materiali. A ciascuno di questi
elementi classici erano attribuite qualità relative alla temperatura (caldo o
freddo) e al contenuto in acqua (umido o secco). Il fuoco, a esempio, possedeva
le qualità, a esso adiacenti, del caldo e del secco.
Alle antiche civiltà erano tuttavia note anche diverse sostanze che sono
effettivamente degli elementi. L'oro e, in misura minore, l'argento e il rame,
si trovano in natura nella forma elementare (non combinata) e sono stati
impiegati come metalli puri fino dal 3000 a.C. e probabilmente anche da prima. I
popoli antichi, inoltre, erano in grado di ottenere il ferro, lo stagno, il
piombo, il mercurio, il rame e l'argento anche per riduzione alla forma
elementare dei rispettivi minerali mediante fusione, adoperando spesso carbone
vegetale. I simboli chimici di tutti i metalli già noti agli antichi derivano
dal loro nome latino: l'oro ha come simbolo Au da aurum, l'argento Ag da argentum,
il rame Cu da cuprum, il mercurio Hg da hydrargirium, ecc.
Anche lo zolfo e il carbonio, due non metalli che si trovano in natura allo
stato solido non combinati con altri elementi, erano noti ai popoli antichi.
Molti grandi depositi di zolfo sono situati in superficie o immediatamente al di
sotto di essa. Gli antichi chiamavano lo zolfo, come altre sostanze
infiammabili, pietra caustica; notevoli quantità di zolfo nativo vengono
tuttora estratte per la produzione di composti chimici inorganici, come l'acido
solforico. Il carbonio è presente in natura sotto forma di diamante, grafite e,
con minore purezza, di carbone vegetale.
Gli alchimisti medievali riuscirono a separare numerosi elementi da composti
o miscele. Essi scoprirono l'arsenico, l'antimonio, il bismuto e il fosforo e
dettero il nome a questi elementi, senza tuttavia classificarli come tali, così
come non classificarono come elementi quelli già conosciuti dagli antichi. Si
resero conto, però, che certe sostanze non potevano essere mutate in altre. Gli
alchimisti erano in grado di trasformare molte sostanze in altre per mezzo di
quelle che oggi sono note come reazioni chimiche, ma essi non riuscirono mai a
soddisfare la loro suprema ambizione, che era quella di poter trasmutare dei
metalli comuni, come il rame e il piombo, in metalli preziosi, come l'argento e
l'oro.
La prima presa di posizione contro la definizione degli elementi data dagli
antichi filosofi si ebbe nel corso del sec. XVII. Robert Boyle era un filosofo
naturalista, un empirista praticante che era convinto che le prove sperimentali
dovessero precedere e servire da controllo per le teorie. Nello Sceptical
Chemist (1661) egli affermò che solo sostanze osservabili e pesabili
dovrebbero essere considerate come elementi e che gli elementi sono le sostanze
fondamentali con le quali sono costituite le altre sostanze.
Benché Boyle sia stato un fondatore della analisi chimica qualitativa, una
scienza che ha per scopo l'identificazione delle sostanze che costituiscono una
miscela, egli non assegnò il nome a un certo numero di sostanze che pure
considerava elementi. Tuttavia, era convinto che gli elementi fossero costituiti
da particelle fondamentali, e riteneva che i metalli fossero elementi.
Antoine Lavoisier gettò solide basi per le scienze chimiche nel sec. XVIII.
Lavoisier scoprì che il peso (più propriamente, la massa) è una proprietà di
tutta la materia e che la materia (e quindi il peso o la massa) si conserva
nelle reazioni chimiche. A lui si deve anche la definizione di elemento come una
sostanza che non può essere decomposta in sostanze più semplici per mezzo
dell'analisi chimica; conseguentemente, gli elementi devono sempre accrescere il
loro peso quando reagiscono per formare composti. Nel suo Traité
élémentaire de chimie (Trattato elementare di chimica, 1789) egli elencò
33 elementi. Alcuni, come il fosforo, il carbonio, l'argento e l'antimonio,
erano noti fin dall'epoca degli alchimisti. Altri, come l'ossigeno, l'idrogeno e
lo zinco, erano stati isolati durante il sec. XVIII. Lavoisier intuì che alcune
delle sostanze che egli aveva indicato come elementi potevano essere dei
composti che più tardi sarebbero stati scissi negli elementi costituenti, e non
si ingannò. A esempio, tra gli elementi pose il gesso; dopo solo pochi decenni
il gesso (solfato di calcio) venne decomposto e il calcio isolato. Lavoisier
incluse tra gli elementi anche la luce e il calore, sebbene ciò gli procurasse
delle difficoltà poiché queste non hanno peso.
Le idee di Lavoisier furono confermate sia sperimentalmente che teoricamente
da diversi chimici, i quali dimostrarono che le
sostanze reagiscono sempre in proporzioni costanti rispetto al peso e
compilarono tabelle dei pesi di combinazione. In particolare, John Dalton,
con la sua teoria atomica, allargò il concetto che la materia è composta di
particelle fondamentali chiamate atomi. Nel 1810 Dalton affermò che tutti gli
atomi di un dato elemento possiedono la stessa massa.
Dalton analizzò i dati sperimentali sui pesi di combinazione e propose la prima
tabella dei pesi atomici, cioè una tabella nella quale a ciascun elemento era
assegnato un numero che rappresentava il suo peso relativo a un elemento di
riferimento, scelto come campione in modo arbitrario. Jöns Berzelius, il
chimico più celebre dell'inizio del sec. XIX, isolò e identificò diversi
nuovi elementi e compilò una accurata tabella dei pesi atomici per 50 di essi.
Alcuni dei pesi atomici di Berzelius risultarono errati di un fattore 2 o 3
poiché egli non conosceva le corrette formule chimiche dei loro composti.
Berzelius propose anche dei simboli chimici per gli elementi, prendendo una o
due lettere dal nome di ciascuno.
Intorno al 1860 si conoscevano più di 60 elementi. Diversi chimici
osservarono che gli elementi potevano essere raggruppati in famiglie dalle
proprietà chimiche simili e vennero proposti vari schemi di classificazione.
Nel 1869 Dmitrij Mendeleev pubblicò una tavola periodica degli elementi,
unendoli in gruppi e mettendo in evidenza l'esistenza di diversi posti vuoti tra
gli elementi noti a quel tempo. Nel 1871 egli pubblicò una tavola perfezionata
e descrisse con notevole precisione le proprietà che dovevano possedere tre
degli elementi "mancanti". Il gallio, il germanio e lo scandio furono
scoperti nei successivi 15 anni, e le loro proprietà risultarono assai simili a
quelle previste da Mendeleev.
Mendeleev usò i pesi atomici e le proprietà chimiche per disporre gli elementi
nella sua tavola periodica. Nello stesso periodo Lothar Meyer compilò una
tavola pressoché identica di cui si servì per mostrare che molte proprietà
fisiche (volumi atomici, durezza, punto di ebollizione e altre) variano
anch'esse in modo regolare tra le famiglie chimiche.
Nel 1854 il fisico statunitense David Alter usò dei prismi per mostrare che
gli spettri di leghe portate allo stato di vapore presentavano le righe
spettrali caratteristiche di ciascun elemento che costituiva la lega.
Alter avanzò l'ipotesi che ogni elemento possedesse uno spettro caratteristico
e che gli spettri dei corpi celesti potessero essere utilizzati per identificare
gli elementi presenti in essi. In seguito all'invenzione dello spettroscopio
(1859) venne dimostrato che lo spettro
di emissione o di assorbimento di un elemento allo stato di vapore è
sicuramente una sua peculiare e sensibile proprietà fisica, che può essere
usata per identificarlo.
Il cesio fu il primo elemento che venne scoperto dal suo spettro (1860): ciò
avvenne quando nello spettro di una soluzione acquosa di un minerale furono
osservate due righe azzurre mai notate in precedenza (il nome cesio deriva dal
latino caesius, che indica il colore azzurro del cielo).
Successivamente molti altri elementi, compresi i gas inerti, furono identificati
a partire dai loro spettri atomici caratteristici. L'elio, a esempio, fu
individuato per la prima volta da una riga gialla non osservata in precedenza
che apparve in uno spettro del Sole rilevato durante una eclissi solare nel
1868; 27 anni più tardi una riga identica fu notata nello spettro di un residuo
gassoso ottenuto da un minerale contenente uranio, a conferma che l'elio è
effettivamente un elemento, ed è presente sulla Terra.
Un anno dopo che l'elio era stato trovato in un minerale di uranio, Antoine
Henri Becquerel scoprì che tutti i composti dell'uranio emettono radiazioni che
impressionano le lastre fotografiche. L'elio trovato nei minerali viene prodotto
nella disintegrazione dell'uranio in torio. I nuclei di elio prodotti da questa
disintegrazione vengono chiamati particelle
alfa; quando queste si neutralizzano acquistando due elettroni dagli
atomi vicini, danno luogo a elio gassoso, che rimane intrappolato nel minerale.
La ricerca della radioattività nei minerali portò alla scoperta di un buon
numero di elementi radioattivi, a cominciare dal polonio e dal radio, scoperti
per merito di Maria e Pierre Curie. Entro il 1917 erano stati scoperti altri tre
elementi radioattivi: il radon, l'attinio e il protoattinio. Inoltre, molti
isotopi della serie di decadimento dell'uranio e del torio con tempi di
dimezzamento brevi furono erroneamente classificati come nuovi elementi.
Sensibili tecniche spettroscopiche e radiochimiche portarono ad annunci ancora
più incerti della scoperta di nuovi elementi. Una tecnica spettroscopica,
tuttavia, si era dimostrata di incalcolabile valore nella identificazione degli
elementi. Nel 1913 Henry Moseley osservò che ogni
elemento emette una radiazione X caratteristica e inoltre dimostrò
che esiste una relazione matematica precisa tra la lunghezza d'onda dei raggi X
di un elemento e il suo numero atomico. In precedenza, quando gli
elementi erano stati classificati sulla base del loro peso atomico, per
rispettare la periodicità delle proprietà si era dovuto invertire l'ordine
secondo il peso crescente in ciascuna delle seguenti tre coppie di elementi:
argon e potassio, cobalto e nichel, tellurio e iodio. Moseley dimostrò che è
il numero atomico la proprietà caratterizzante degli elementi.
Quasi tutti gli elementi scoperti nel sec. XX sono radioattivi. Due, il tecnezio
e il prometio, riempirono posti vuoti nella tavola periodica e furono scoperti
tra i prodotti della fissione nucleare dell'uranio. Gli altri hanno numeri
atomici superiori a 92 (elementi transuranici).
Molti elementi possono esistere in
più di una forma; queste diverse forme si chiamano varietà allotropiche, o
allotropi. Lo zolfo
possiede diverse varietà allotropiche: a temperatura ambiente la sua forma più
stabile è un solido cristallino rombico. Lo zolfo rombico passa a monoclino a
95,5 °C; entrambi questi allotropi dello zolfo possiedono anelli con 8 atomi di
zolfo. Altri allotropi di questo elemento possiedono anelli con 6, 7, 9, 10 o 12
atomi, o lunghe catene atomiche. Tra le altre varietà allotropiche più note e
importanti rammentiamo quelle del carbonio
(diamante e grafite) e dello stagno
(grigio e bianco).
Nello studio della radioattività ci si accorse ben presto che un prodotto
del decadimento radioattivo del radio aveva proprietà identiche a quelle del
piombo. Nel 1914 Theodore W. Richards e Max E. Lembert annunciarono che il peso
atomico del piombo proveniente da minerali radioattivi diversi variava dell'1%
circa. Nel 1913 Frederick Soddy suggerì che atomi dello stesso elemento,
prodotti da disintegrazioni radioattive, potessero avere masse differenti; egli
propose il nome di isotopi per due atomi con lo stesso numero atomico ma di
massa diversa. Poco tempo dopo la fine della prima guerra mondiale
Francis W. Aston inventò lo spettrografo
di massa, uno strumento per determinare le masse atomiche. Aston osservò
che anche molti elementi non prodotti per via radioattiva possiedono isotopi.
Nel 1930 James Chadwick dimostrò che quasi
tutti i nuclei atomici contengono neutroni, particelle neutre che contribuiscono
alla massa ma non alla carica del nucleo. Gli isotopi, quindi, sono atomi
di un particolare elemento che possiedono la stessa carica nucleare (numero di
protoni) dell'elemento, ma diverso numero di neutroni. Il
numero di massa di un atomo è dato dalla somma del numero dei protoni e del
numero dei neutroni. Gli spettrometri di massa moderni sono in grado di
misurare le masse atomiche con grande precisione.
Il peso atomico rappresenta il valore medio sperimentale delle masse
atomiche di tutti gli isotopi di un elemento presenti in natura. La scala
moderna dei pesi atomici si basa sulla convenzione che la massa di un atomo di
carbonio-12 valga esattamente 12 unità di massa atomica. Alcuni elementi, come
il fluoro, hanno un solo isotopo presente in natura; i loro pesi atomici vengono
misurati dagli spettrometri di massa con altissima precisione. I pesi atomici di
altri elementi sono noti con precisione minore in quanto sono la media di tutti
gli isotopi di quell'elemento esistenti in natura. La composizione isotopica (e
quindi il peso atomico) di alcuni elementi varia a seconda della provenienza del
campione o del trattamento subito precedentemente.
Moltissimi elementi chimici sono
metalli: è noto che 75 dei primi 103 elementi sono metalli nel loro stato
elementare. Il francio (elemento 87) e gli elementi dal 99 in poi
possiedono proprietà chimiche caratteristiche dei metalli, ma hanno tempi di
dimezzamento così brevi che non ne sono state isolate in forma pura quantità
studiabili. I metalli sono
caratterizzati dal debole legame dei loro elettroni esterni; questa relativa
libertà di movimento degli elettroni è la causa della caratteristica
conducibilità, lucentezza e duttilità dei metalli e dà luogo alla formazione
di ioni positivi (cationi) da parte di tutti gli elementi metallici nei composti
ionici.
Diciassette elementi sono non-metalli. A
eccezione dei gas inerti, allo stato elementare esistono come molecole
biatomiche o poliatomiche, mettono in compartecipazione gli elettroni nei legami
covalenti e formano ioni negativi (anioni) nei composti ionici. Tra i
metalli e i non-metalli si collocano elementi di confine chiamati semi-metalli.
A esempio, l'arsenico possiede proprietà metalliche, ma se ne conosce una
varietà allotropica molecolare e l'elemento presenta nei composti stati di
ossidazione sia positivi che negativi. Pertanto i semi-metalli hanno in parte le
proprietà dei metalli e in parte quelle dei non-metalli.
L'elettronegatività è l'attrazione relativa di un atomo per gli elettroni
in un legame covalente. Gli elementi che si trovano a destra e in alto nella
tavola periodica presentano i valori più elevati dell'elettronegatività; il
fluoro è l'elemento più elettronegativo ed il francio il meno elettronegativo.
Gli elementi con valori simili dell'elettronegatività formano composti
covalenti nei quali gli elettroni sono ripartiti nella stessa maniera nei
legami: il tricloruro di azoto, è un composto covalente. Gli elementi con
elettronegatività un po' diverse formano composti covalenti polari nei quali la
nuvola elettronica che forma il legame è leggermente spostata dalla parte
dell'elemento più elettronegativo: il trifluoruro di fosforo è un composto
covalente polare nel quale la densità elettronica è maggiore nei pressi degli
atomi di fluoro. Gli elementi con valori dell'elettronegatività notevolmente
diversi formano composti ionici nei quali l'atomo elettronegativo forma un
anione e quello elettropositivo un catione. Esempi di composti ionici sono
costituiti da alcuni sali, come il cloruro di sodio.
Sulla base della posizione di un elemento nella tavola periodica se ne possono
classificare e interpretare molte altre proprietà, sia fisiche sia chimiche.
Al momento attuale la più attendibile teoria sull'origine dell'universo è
quella secondo la quale esso si è formato dall'esplosione di una palla di fuoco
piccola ed estremamente densa, diversi miliardi di anni fa. Durante i primi
secondi dopo questa immane esplosione (v. Big Bang, teoria del) la densità
dell'energia era così grande che esistevano solo radiazioni e le particelle
fondamentali.
Tuttavia, quando l'universo si raffreddò e si espanse, dopo il big bang, si
formò l'idrogeno, che dopo milioni di anni si condensò in galassie e poi in
stelle. In queste stelle della prima generazione l'idrogeno si brucia formando
nuclei più pesanti e liberando energia; in ogni caso, anche quando una stella
di questo tipo esplode dando luogo a una supernova, l'isotopo più pesante che
si produce è ferro-56. I prodotti gassosi dell'esplosione delle stelle della
prima generazione contengono molti elementi leggeri e quando i gas si condensano
per formare le stelle della seconda generazione possono aver luogo numerose
reazioni nucleari. Alcune di queste avvengono con emissione di neutroni, che
vengono catturati da altri nuclei formando nuclei più pesanti i quali decadono
per emissione beta dando luogo a elementi con numero atomico ancora più alto
(fino a californio-254 con numero atomico 98). Ne consegue che l'universo
contiene modeste quantità di elementi più pesanti rispetto a ferro-56, ognuno
in misura all'incirca proporzionale alla stabilità del suo nucleo. Nello
spettro del Sole sono stati identificati più di 60 elementi.
Quando si formò il Sole, la massa ruotante a forma di disco di entità pari
all'intero sistema solare dette luogo a numerose turbolenze. Queste turbolenze
portarono alla sporadica formazione di piccole masse di elementi pesanti che
alla fine dettero luogo alla forma primitiva dei pianeti, circondati da una
atmosfera di idrogeno e di elio. Quando la massa centrale, il Sole, cominciò a
irradiare energia come conseguenza delle reazioni nucleari che avvenivano in
esso, l'idrogeno e l'elio furono allontanati dai pianeti più interni. La Terra
assunse gradualmente la consistenza di un nucleo centrale di ferro e nichel, di
un mantello di silicati e di una crosta anch'essa di silicati, e successivamente
sviluppò una atmosfera e una idrosfera (le masse di acqua e di ghiaccio che si
trovano sulla superficie della Terra). In ciascuna di queste componenti la
distribuzione degli elementi è differente. A esempio, l'abbondanza relativa
degli elementi che si trovano nell'atmosfera, nell'idrosfera e sulla superficie
terrestre risulta da una combinazione di processi geologici e biologici.
L'abbondanza degli elementi negli esseri viventi riflette la loro abbondanza
nella crosta terrestre e la loro utilità nei processi biochimici.
Tre nuovi elementi chimici artificiali sono stati ottenuti nel 1999, uno in
Russia e due negli Stati Uniti, nel corso della sfida alla produzione di nuovi
elementi fra i tre grandi centri mondiali di ricerca specializzati in questo
campo: Dubna in Russia, Berkeley, negli Stati Uniti e Darmstadt in Germania. La
storia della produzione di elementi artificiali che vanno a occupare caselle
ancora vuote della tavola periodica cominciò nel 1937 quando G. Perrier e. G.
Segrè, bombardando il molibdeno con deutoni (nuclei di deuterio) e particelle
alfa (nuclei di elio) ottennero l'elemento di numero atomico 43, che fu poi
chiamato tecnezio. Il secondo elemento artificiale e primo della serie dei
transuranici, cioè degli elementi più pesanti dell'uranio, fu il nettunio, di
numero atomico 93. L'isotopo con numero di massa 239 fu ottenuto nel 1940 da E.
M. Mc Millan e P.A. Abelson bombardando l'uranio 238 con neutroni. I successivi
elementi transuranici furono prodotti negli anni Cinquanta dal gruppo di G.
Seaborg. L'isotopo del plutonio (numero atomico 94) con numero di massa 239 fu
trovato nei reattori nucleari come prodotto di decadimento dell'uranio 238. Per
irradiamento del plutonio con neutroni fu ottenuto l'isotopo 241 dell'americio
(numero atomico 95). Bombardando con particelle alfa il plutonio 239 fu ottenuto
il curio (numero atomico 96). Per bombardamento con particelle alfa
dell'americio 241 fu ottenuto il berkelio (numero atomico 97). Per bombardamento
del curio 242 per mezzo di un ciclotrone fu ottenuto il californio (numero
atomico 98). L'isotopo 253 dell'einsteinio (numero atomico 99) fu individuato
nel 1952 fra i residui di un'esplosione termonucleare; nella medesima esplosione
fu individuato anche il fermio (numero atomico 100). Gli elementi dal 101 al 106
furono prodotti artificialmente nella seconda metà degli anni Cinquanta.
Poiché la priorità delle varie scoperte veniva rivendicata da Stati Uniti (Berkeley)
e Unione Sovietica (Dubna), fu solo nel 1997 che l'IUPAC (l'organismo
internazionale responsabile della nomenclatura chimica) risolse le controversie
attribuendo i nomi definitivi: mendelevio
(101), nobelio (102), lawrencio
(103), rutherfordio (104), dubnio
(105) e seaborgio (106).
Precedentemente, per l'elemento 104 erano in competizione i nomi rutherfordio e
kurciatovio, ma kurciatovio fu abbandonato; per l'elemento 105 erano stati
invece in competizione hassio e nielsbohrio, ma entrambi furono abbandonati a
favore del nome dubnio (hassio fu invece assegnato all'elemento 108 e bohrio,
non nielsbohrio, fu assegnato all'elemento 107). Con l'elemento 107 era entrato
nella gara per la "fabbricazione" di nuovi elementi artificiali anche
il laboratorio di Darmstadt, in Assia (Germania) diretto da Peter Armbuster, e
ciò aveva provocato nuove controversie. Nel 1997 l'IUPAC prese una decisione
definitiva anche per gli elementi dal 107 al 109. L'elemento 107 fu denominato
ufficialmente bohrio, il 108 hassio (o assio) e il 109 meitnerio. Sugli altri
elementi prodotti artificialmente l'IUPAC non prese alcuna decisione. Nel 1994,
a Darmstadt, per fusione nucleare di piombo 208 con nichel 62, era stato
ottenuto l'isotopo 269 dell'elemento 110 e, sempre nel 1994 e sempre a Darmstadt,
per bombardamento con nichel 64 del bismuto 209 era stato ottenuto l'elemento
111. Nel 1996 a seguito degli esperimenti sull'elemento 111, Armbuster scoprì
anche l'elemento 112. La serie delle scoperte è continuata, come si è detto,
con l'elemento 114, ottenuto artificialmente a Dubna all'inizio del 1999 da I.
Oganessian. Sempre nel 1999 sono stati scoperti, ovvero prodotti in laboratorio,
l'elemento 118 e il suo prodotto di decadimento, l'elemento 116. La scoperta
degli ultimi due elementi superpesanti è stata effettuata il 7 giugno 1999 da
un gruppo di scienziati del Lawrence Berkeley National Laboratory (LBNL),
che hanno utilizzato il ciclotrone di 88 pollici del laboratorio californiano. I
due elementi sono stati ottenuti bombardando un campione di piombo con un fascio
di ioni di cripto. L'isotopo dell'elemento 118 prodotto ha un nucleo costituito
da 118 protoni e da 175 neutroni, cioè ha numero di massa 293; è molto
instabile e decade emettendo una particella alfa con un periodo di dimezzamento
pari a 0,001 secondi. Entro circa un millesimo di secondo l'elemento 118 dà
così origine all'elemento 116 o meglio all'isotopo con numero di massa 289 di
tale elemento nel cui nucleo sono contenuti 173 neutroni. Anche questo nuclide
è molto instabile e attraverso una serie di 6 decadimenti alfa (che avvengono
cioè con emissione di un nucleo di elio) giunge nel breve tempo complessivo di
1 secondo sino all'elemento 106, il seaborgio. Gli esperimenti sono durati
complessivamente 11 giorni e in questo tempo sono stati prodotti 3 atomi
dell'elemento 118. Il modo in cui sono stati osservati gli elementi 116 e 118 al
Lawrence Berkeley National Laboratory rappresenta inoltre un'importante
verifica delle teorie elaborate sin dagli anni Settanta, che prevedono
l'esistenza di una specie di isola di stabilità. Nonostante i due
elementi non siano affatto stabili, le reazioni nucleari utilizzate per produrli
potranno servire per produrre gli elementi stabili della prevista isola di
stabilità, corrispondente a una serie di elementi di numero atomico maggiore di
118.
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